Questo dipinto di Van Gogh, realizzato nel 1885 e conservato al Museo omonimo di Amsterdam, raffigura un’ostetrica (come la protagonista del racconto sotto riportato): il tratteggio dei lineamenti è "sapiente", deciso nel descrivere il temperamento di chi era chiamata a fronteggiare i bisogni delle donne, soprattutto in un’epoca in cui soltanto la conoscenza empirica e l’esperienza potevano aiutare a risolvere le situazioni difficili legate alla gravidanza e alla nascita.
Chiamatela Ida
(di Giovanna Grazian)
Eravamo appena entrati nel novecento e le
contrade arrampicate sui monti erano animate da tanti bambini. Le
casupole di Mare, Lore e Mortisa avevano le porte scalcagnate, spesso
rosicchiate dai topi; le entrate erano rivolte a sud ed il sole era la
vitamina gratuita. La carne veniva consumata nelle feste
importanti; sempre che gli animali di cortile fossero sopravvissuti ai
rigori dell'inverno e scampati alle prodezze di volpi e faine.
Genoveffa, 'la comare', arrivava
allora a Lugo (di Vicenza) dal padovano dopo essere rimasta vedova con due figli
piccoli, con determinazione studiò per divenire ostetrica. Prima era rimasta un
paio di anni nel Basso Vicentino dove aveva conosciuto il secondo marito;
preferì spostarsi in alta collina e iniziare la professione, dopo aver vinto
il concorso.
Nel frattempo nacquero altri tre maschi, due
gemelli: Romolo e Remo.
Con la sua valigetta si spostava anche nelle
frazioni più lontane lasciando i suoi figli ad una parente; i due più
grandi rimasti a Padova dai nonni.
Se una donna era primipara rimaneva due
tre notti con lei, impartendole consigli e insegnamenti preziosi.
Aveva sempre con sé un cartoccio con un
po' di miscela di caffè da somministrare alla puerpera dopo l'immane fatica...
Un giorno arrivò da Padova una triste
notizia.
Ida, la sua figlia di vent'anni era morta, forse di tifo e lei
non poté soccorrerla. Questo fu il dolore più grande che la levatrice conobbe.
In seguito quando le partorienti le
chiedevano come ricompensarla, se era una bambina, Genoveffa rispondeva:
"Chiamatela Ida" .
Lei concluse la sua collaborazione con il
Comune dopo 47 anni di servizio e la fortuna l'assistette sempre: nessun
nascituro rimase orfano della mamma.
Negli ultimi anni si concesse un calesse con un
pony e lei a volte faceva salire i bambini dei monti, per brevi tratti intorno
le contrade dove si recava anche nei giorni successivi al parto.
I pronipoti sono ancora contraddistinti
per 'Comaro' . La casa da lei costruita è ancora là in collina e la
nipote Ida conserva la medaglia d'oro che il comune ha donato ai figli.
Una donna che ha amato il suo lavoro e si è spesa con grande
umanità e generosità.
L'ostetrica Genoveffa, nella foto
Auguri alle Donne!!!
RispondiEliminaSe non sbaglio, mia mamma mi parlava anche della "Levatrice" Signora Stagni, nel nostro paese.
RispondiEliminaStoria interessante.
RispondiEliminaBuon 8 marzo, un abbraccio.
enrico
Grazie! Un caro saluto a te.
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