mercoledì 7 marzo 2018

Racconto di Giovanna Grazian - "Chiamatela Ida"



Questo dipinto di Van Goghrealizzato nel 1885 e conservato al Museo omonimo di Amsterdam, raffigura un’ostetrica (come la protagonista del racconto sotto riportato): il tratteggio dei lineamenti è "sapiente", deciso nel descrivere il temperamento di chi era chiamata a fronteggiare i bisogni delle donne, soprattutto in un’epoca in cui soltanto la conoscenza empirica e l’esperienza potevano aiutare a risolvere le situazioni difficili legate alla gravidanza e alla nascita. 


Chiamatela  Ida

 (di Giovanna Grazian)


Eravamo appena entrati nel novecento e le contrade arrampicate sui monti erano animate da tanti bambini.  Le casupole di Mare, Lore e Mortisa avevano le porte scalcagnate, spesso rosicchiate dai topi;  le entrate erano rivolte a sud ed il sole era la vitamina gratuita. La carne veniva  consumata  nelle feste importanti;  sempre che gli animali di cortile fossero sopravvissuti ai rigori dell'inverno e scampati alle prodezze di volpi e faine.
Genoveffa, 'la comare',  arrivava  allora a Lugo  (di Vicenza) dal padovano  dopo essere rimasta vedova con due figli piccoli, con determinazione studiò per divenire ostetrica. Prima era rimasta un paio di anni nel Basso Vicentino dove aveva conosciuto il secondo marito; preferì spostarsi in alta collina e iniziare la professione, dopo aver vinto il concorso.
Nel frattempo nacquero altri tre maschi, due gemelli: Romolo e Remo.
Con la sua valigetta si spostava anche nelle frazioni più lontane lasciando i suoi figli ad una parente; i due più grandi  rimasti a Padova  dai nonni.
Se una donna era primipara rimaneva  due tre notti con lei, impartendole consigli e insegnamenti  preziosi.
Aveva sempre con sé un cartoccio con  un po' di miscela di caffè da somministrare alla puerpera dopo l'immane fatica...
Un giorno arrivò da Padova  una triste notizia. 
Ida, la sua figlia di vent'anni  era morta, forse di tifo e lei non poté soccorrerla. Questo fu il dolore più grande che la levatrice conobbe.
In seguito quando le partorienti  le chiedevano come ricompensarla, se era una bambina, Genoveffa rispondeva:  "Chiamatela  Ida" .
Lei concluse la sua collaborazione con il  Comune dopo 47 anni di servizio e la fortuna l'assistette sempre: nessun nascituro  rimase orfano della mamma.

Negli ultimi anni si concesse un calesse con un pony e lei a volte faceva salire i bambini dei monti, per brevi tratti intorno le contrade dove si recava anche nei  giorni successivi  al parto.

I  pronipoti sono ancora contraddistinti per 'Comaro' . La casa da lei costruita  è ancora là in collina e la nipote Ida conserva la medaglia d'oro  che il comune ha donato ai figli. 
Una donna che ha amato  il suo lavoro e si è spesa  con grande umanità e generosità.

L'ostetrica Genoveffa, nella foto

4 commenti:

  1. Se non sbaglio, mia mamma mi parlava anche della "Levatrice" Signora Stagni, nel nostro paese.

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  2. Storia interessante.
    Buon 8 marzo, un abbraccio.
    enrico

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