sabato 30 novembre 2019

Mostra in Basilica Palladiana a Vicenza dal 6 dicembre 2019 al 13 aprile 2020

RITRATTO DI DONNA. IL SOGNO DEGLI ANNI VENTI E LO SGUARDO DI UBALDO OPPI
Ubaldo Oppi (Bologna 1889-Vicenza 1942) fu allievo di Klimt.

Donna con vaso - Ubaldo Oppi


E si può ammirare anche "Giuditta II" (Salomé) di Gustav Klimt.
Particolare del quadro di Klimt

giovedì 28 novembre 2019

Racconto di Giovanna Grazian

Pupillo - La bambina della Località Porta Rustica tra Fara Vicentino e Lugo di Vicenza, ai piedi delle ville palladiane.
RACCONTO DI GIOVANNA GRAZIAN

   La bambina era nata quando più nessuno se l'aspettava!
Dopo quattro maschi e con sei anni di distanza dall'ultimo nato, le avevano dato il nome della signora padrona.
Così suo fratello maggiore portava il nome del marito: il signor Conte!
Era la riconoscenza  verso i signori di cui il padre era dipendente: più precisamente nel ruolo di 'castaldo', si usava questo vocabolo allora, ora si dice 'fattore'.
   In compenso i conti  l'avrebbero sempre chiamata 'Pupillo' ed erano stati i suoi padrini di battesimo. Altre fortune la bambina non ne aveva avute, se non quella di essere sopravvissuta a tanti fatti accidentali successi nei primi anni della sua esistenza.
Tutto procedeva per il meglio nella casa sulla strada che fiancheggiava l'immensa proprietà dei signori. Il suo papà era benvoluto dai conti, un po' meno dai suoi subalterni, cioè i lavoranti a giornata. Si occupava di tutto ciò che riguardava l'andamento delle coltivazioni e i rapporti con i braccianti; in primavera accompagnava direttamente il conte  per i campi con il calesse. Dava consigli con la sua esperienza sui tempi  delle semine, dei raccolti e  sull'allevamento del bestiame. Accettava consigli e suggerimenti per gestire al meglio i terreni segnalando al signor Conte qualsiasi anomalia.
Dapprima si lavorava con un contratto di affitto, un tanto al campo, più tardi a mezzadria e tutto ciò che si raccoglieva veniva diviso a metà: trenta campi in pianura e in collina, con tutte le difficoltà delle fatiche manuali. Solo i buoi alleviavano  un poco gli uomini dai pesanti lavori estivi come girare le zolle, tagliare il fieno, raccoglierlo in breve se il temporale avanzava impetuoso e minacciava di mandare all'aria tutta la fatica.
E poi ancora il taglio del frumento, del granoturco, la vendemmia e le bestie...i momenti drammatici del parto, con il veterinario avvisato troppo tardi o introvabile di notte, la drammatica paura quando le mucche si ammalavano.
Lui, il castaldo doveva riferire al signor conte l'andamento
dell'azienda agricola, anche le perdite degli animali, la scarsità dei raccolti a causa delle cattive condizioni atmosferiche ed eventuali manchevolezze o errori dei singoli contadini.
Alcuni braccianti non approvavano l'agire di papà. Pupillo questo lo seppe più tardi, quando di lui era rimasta solo una foto sul comò nella camera ...... Quel lunedì di gennaio con la moto era  a Thiene al mercato del bestiame per trattare la vendita di una mucca.
 In paese solo lui e il dottore possedevano la moto.
A Zugliano in una curva successe il peggio: l'impatto con un camion. Si salvò la bambola, la prima e ultima bambola con il visetto di porcellana e il corpo di pezza destinata alla bambina
Pupillo di appena tre anni.
La fortuna della famiglia subì a quel punto un arresto.
La mamma con poca esperienza non poteva governare il tutto con il figlio maggiore di vent'anni.
Più tardi a Pupillo fu raccontato che una mattina di ottobre, quando i lavori erano febbrili l'avevano trovata addormentata in un avvallo di terreno vicino a un letamaio: la mamma era così stanca da non essersi neppure accorta della sua assenza nel letto. Altre volte non la trovava perché nascosta in mezzo alle foglie del 'moraro'- il gelso - destinate ai  bachi da seta.
Oltre al compito assunto nelle vesti del papà, la mamma badava ai bachi da seta.
 Tutte le famiglie allora avevano questa occupazione in primavera. Serviva quale prima entrata di denari preziosi, dopo la lunga stagione invernale priva di risorse.  il lavoro era così intenso da perdere la cognizione dei bisogni primari.
La mamma ce la mise tutta per drizzare la barca che stava affondando, ma alla fine si convinse che faceva acqua da tutte le parti. I conti nella bella stagione arrivavano in villa, per soggiornarvi tutto il periodo estivo, prolungato fino all'ultima raccolta dell'uva. La mamma faceva passare la piccola attraverso le lance di ferro del grande cancello inferiore alla villa, che confinava con la casa prestata loro, fatta costruire dai conti appositamente per il fattore. Lei entrava con il cestino contenente le uova fresche da portare in villa dove dall'altra parte spaziavano lo sguardo parenti, amici e artisti estasiati da tanta bellezza: tutti increduli e appagati dal panorama.
Nelle giornate limpide si scorgeva la basilica di Monte Berico e più giù la laguna di Venezia. Pupillo ricorda perfettamente quei momenti: la cameriera aveva l'ordine ferreo di controllare le uova attraverso un cerchio di rame e se passavano facilmente venivano riposte nel cestino e rimandate alla mamma, perché non adatte ad essere presentate  alla tavola dei signori.
La bambina capì solo più tardi la mortificazione della mamma, così le caramelle datele dalla contessa, però perdevano il loro sapore dolce.
   A volte si fermava  a giocare con i nipotini ospiti o a guardare chi giocava nel campo da tennis a fianco delle scuderie. I suoi fratelli erano intenti alla sistemazione dei viali, colpevolizzati per non essere stati solerti nei tempi stabiliti. Ogni mezzadro  doveva provvedere a inghiaiare un pezzo di viale.
Con i buoi  scendevano al torrente Astico per recuperare la ghiaia con cui sistemare a dovere la loro porzione di vialetto, così da permettere alle eleganti carrozze di transitare in un fondo ben curato.
   Per Pupillo avevano tutti un atteggiamento di riguardo. Lei lo percepiva da tanti gesti e attenzioni, forse per il fatto che portava il nome della contessa che non aveva figlie femmine o perché era orfana di padre. I suoi fratelli assieme alla mamma decisero che doveva studiare.
<< Possibile  si interrogavano, che quattro fratelli non riescano a far studiare la sorella più piccola? >>
   Con enormi sacrifici Pupillo ce la fece. Sempre con la sua bicicletta percorreva i diciotto kilometri (andata e ritorno) per arrivare alla scuola privata, che l'avrebbe resa consapevole
del trattamento diverso riservatole: chi apparteneva alla classe povera già  sarebbe stato penalizzato.
Con rinunce inaudite si diplomò e all'esame di Stato - svoltosi a Vicenza - , da Thiene si recò con altre compagne in 'littorina'.
Alla stazione una sua  compagna tolse dalla borsa due banane, offrendogliene una.
Pupillo guardò l'amica mentre toglieva la buccia e poi assaggiò il frutto mai visto prima.
Si recò quindi, tutta euforica alla villa, residenza stabile dei conti in città, per manifestare loro la sua gioia di aver completato gli studi.
Con disappunto trovò solo le contessine, sorelle del 'Santolo', Padrino di battesimo.
<<Ho finito - disse Pupillo - adesso spero mi aiuterete a trovare un piccolissimo posto>>.
<<Hai fatto male a studiare - le risposero - dovevi lavorare la terra e lasciar studiare le cittadine che hanno solo le mura >>.
 Queste affermazioni lasciarono Pupillo senza parole, si sentiva in preda allo sbigottimento più inaspettato, dopo tutte le fatiche sentirsi umiliata oltre ogni dire...
    Suo padre prima di morire aveva acquistato due campi, che i fratelli vendettero per pagarsi il viaggio ed emigrare nel continente, cosiddetto nuovissimo: l'Australia.
Il "Santolo" conte, in seguito, dopo ripetute visite disperate di Pupillo, dette alla fine effettivamente  la spintarella per il  fatidico posto di impiegata che ella conservò fino alla pensione. Lavorò come una forsennata, assolvendo il compito con rigore estremo, conscia che la vita è una cosa bella, ma carica di difficoltà.
I suoi fratelli non videro mai più la mamma, lavorarono forse ancora di più  che al paese in terra vicentina, per farsi un avvenire appena discreto. Pupillo lo accertò quando, appena maturata la pensione, trasvolò da loro in visita. Con tanta nostalgia  del paese lasciato,  con grande amarezza per la terra dei conti lavorata dall'alba al tramonto. Lunghi anni di sudori suoi e del padre per pagare  loro il viaggio ed emigrare lontano...


Io e le mie sorelle Tina e Patrizia, qualche tempo fa, davanti al mio quadro ad olio ispirato alla casa della Località Porta Rustica, casa che, alcuni giorni fa, è stata distrutta da un violento incendio.

sabato 23 novembre 2019

Ristorante "Remo" - Villa Cariolato 1879 - a Bertesina- Vicenza

22/XI/2019 - Presentazione, da parte di mio figlio, della figura illustre del garibaldino vicentino Domenico Cariolato che visse in questa dimora. Rosanna Capuano invece ha delineato la figura della moglie del Cariolato, Anna Maria Piccoli che fondò nel 1870 il primo Asilo Infantile proprio nella stessa località di Bertesina a Vicenza.



Rosanna Capuano e Loris Liotto




mercoledì 20 novembre 2019

domenica 17 novembre 2019

sabato 9 novembre 2019

Immagini d'autunno di Giovanna Grazian

 Immagini d’autunno di Giovanna Grazian


E’ autunno ormai inoltrato. Un autunno anomalo: i segnali che annunciano  l'inverno non si notano al mattino, quando solitamente l’abituale brezza fa sbattere porte e finestre appena si aprono per il breve giro d’aria.
E’ tutto tranquillo: la temperatura è mite, le foglie che cadono però aumentano e il selciato ne contiene un tappeto di tutti i colori, dal giallo oro al marrone testa di moro, molte sono rosse bordeaux, del colore del mosto e delle vinacce.
Un proverbio locale recita così: ’ Spassàr foje, bàtare le noxe e téndare le toxe xe laoro sprecà’, nel senso che è meglio aspettare che le foglie e le noci cadano tutte prima di raccoglierle, perché l’indomani l’operazione andrebbe ripetuta; in quanto alle figlie, anche se le controlli -  se vogliono - trovano il momento  per la scappatella.
Questa mattina l'aria è pulita più del solito; un breve temporale, anch’esso anomalo, ieri ha imperversato nella tarda mattinata nella fascia pedemontana sotto i monti Paù, Cengio e Summano.
Le campane instancabili battono il Mattutino; ho acceso la luce e la sveglia segna le sei e mezzo; ho contato più di trenta rintocchi.
Altri strani rintocchi, non collegabili ai soliti, mi lasciano senza risposte: forse sono per qualche Santo che merita di essere ricordato o per  un avvenimento locale che sfugge alla mia memoria?
La dipartita terrena è annunciata con le campane a morto verso il mezzogiorno.
A Caltrano, fino a poco tempo fa, suonavano pure per ogni neonato che veniva registrato in Comune.
Dopo quattro cambi di domicilio, riscontro in  questa casa due grandi pregi: le imposte rivolte al sorgere del sole assicurano una luce intensa per tutto il giorno; sono circondata da frutteti e orti davanti e dietro, tanto da avere  la sensazione di essere capitata nel posto più rilassante; il verde mi circonda, il vivere convulso del traffico non lo percepisco: se guardo a nord la vegetazione fitta è nitida ed è visibile fin alle propaggini dell'altopiano.
Le campane sono sempre in azione con il battito deciso, ho l'impressione che qualche volta  cambino l'intensità del suono, perché  a seconda delle condizioni atmosferiche si sentono più o meno vicine.
Di sicuro, questo sarà per me l'ultimo domicilio, già sento la stagione che si sta avviando verso l'autunno della vita; fortunatamente il posto è il più consono: quiete e natura ideali per meditare.
 Le campane di Caltrano sono a nord, separate dal fiume Astico, in linea d'aria trecento metri,   quelle di Chiuppano sono più o meno alla stessa distanza, ma ad est.
E’ tutto un lavorio di competizione tra loro e io, nuova del posto, cerco di capire la provenienza dei vari rintocchi e di non confondere i vari suoni.

Ci sono stormi d’uccelli in gran movimento a interessare e a confondere il mio orecchio che mi segnala qualche deficit in arrivo...
Loro, sicuramente in fermento per la partenza, si richiamano, complottano il percorso e il capo pretende assoluta obbedienza e ascolto.
Ci sono tuttavia i ribelli, i ‘nati-liberi’ che sono sotto la mia finestra:  saltellano e danzano in punta di zampa sulle foglie di ciliegio.
Devono avere un orecchio buono, perché ad ogni scricchiolio hanno uno scatto fulmineo e si spostano, sospettando pericoli in arrivo a destra e a manca.
E’ tutto un batter d’ali: le foglie gialle danzano leggere e loro si mettono in mezzo, quasi ad ostacolarne la caduta senza sosta; saltellano anch’essi leggeri cercando di fermare il carillon che sembra composto da ali gialle.
Mi chiedo se magari i passeri credano possa trattarsi di esseri viventi anziché di foglie.
Sto lì al davanzale parecchi minuti: ammutolita, osservo sbalordita, non fiato.
Ogni tanto una foglia si stacca, gira su se stessa, fa una piroetta e una giravolta e infine si arrende adagiandosi a terra.
Il capobanda continua a richiamare gli irriducibili fino a minacciarli, dà loro l’ultimatum e poi si farà il processo per intenzione d’abbandono...
Immagino che fra poco, quando l’ultima foglia smetterà di danzare, il frutteto sembrerà un camposanto d’inverno, abbandonato anche dal passero più stanco.
Noto che ci sono tante palline marrone attaccate al nespolo, un frutto dimenticato che nessuno più raccoglie e restano anche due cachi in cima alle punte della pianta ormai scheletrita.
Attaccata ai vetri noterò, se qualche merlo  in preda alla fame si adatterà a beccarli, magari quando saranno spruzzati di polvere bianca, asciutta,  farinosa e gelata.
Con la prima neve poserò sul davanzale  un vecchio "panaro" di legno cosparso di briciole di pane e così mi assicurerò lo spettacolo di pettirossi e passeri tutte le mattine per la colazione e anche a pranzo e a cena, perché, senza vibrazioni e segnali di vita, la finestra perde lo smalto e la lucentezza.
Ci saranno lunghi mesi prima di rivedere il cielo a primavera ritornare variopinto d’alianti sopra di me e infinite specie d’uccelli ritorneranno ad animare e rallegrare con i loro canti il frutteto che ora riposa, le due altissime magnolie e la palma con le grandi foglie frastagliate che non riesce a crescere in altezza, mentre i due abeti fanno il girotondo e aspettano l’ora d’aria dei bambini del vicino asilo, per unirsi alle loro grida gioiose.
Immagini di una stagione mite, interrotte ieri dalla prima spruzzata di neve che ha smorzato i colori vivaci  annunciando l’ultima stagione e ha spazzato via in un soffio la veste caratteristica dell'autunno.













giovedì 7 novembre 2019

Rose del nostro giardino in comune, profumatissime

Trovate nella spazzatura...recuperate e portate in ufficio...



E ieri serata, preparativi per serata con colleghe ed ex colleghi.

mercoledì 23 ottobre 2019

Vol. 2 del libro Figure Illustri e Benemerite nel ricordo della Città di Vicenza di Loris Liotto - Ed. 2019



Figure Illustri e Benemerite nel ricordo della Città di Vicenza - ...Un percorso che continua dal Risorgimento ad oggi... 
Volume 2
Altre 33 personalità descritte e documentate con aneddoti e curiosità.
Con il patrocinio del Comune di Vicenza
di Loris Liotto
Vivi Edizioni

martedì 8 ottobre 2019

9 ottobre 1963 - Anniversario 9 ottobre 2019 - Strage del Vajont



Vajont è il nome del torrente che scorre nella valle di Erto e Casso per confluire nel Piave, davanti a Longarone e a Castellavazzo, in provincia di Belluno (Italia).

La storia di queste comunità venne sconvolta dalla costruzione della diga del Vajont, che determinò la frana del monte Toc nel lago artificiale. La sera del 9 ottobre 1963 si elevò un immane ondata, che seminò ovunque morte e desolazione. La stima più attendibile è a tutt'oggi di 1910 vittime.

La giornalista del giornale l'Unità, Tina Merlin, denunciò con una serie di articoli il pericolo di frana del Monte Toc.



domenica 29 settembre 2019

Poesia sull'emergenza inquinamento e per il clima di Giordano Ruini

A ME BASTA

Davvero avete bisogno
di sapere se il clima è impazzito
se quella ragazzina è manovrata
se è vero che i ghiacciai si sciolgono
se l’Amazzonia brucia
se la plastica soffoca gli oceani
se il pianeta collasserà nel 2050
se le emissioni di Co2 sono sopra il livello di guardia?

A me basta
osservare la fila di auto al mattino sulla statale
per finire almeno otto ore al giorno in contesti tossici
costretti in ansie e doveri
vedervi fare quello che anestetizza l’anima
e non quello che vi libera
per tornare la sera cinici ingrigiti

A me basta vedere i vicini di casa
che sono più irritati dalle foglie della quercia in autunno
che dal rumore e dalla polvere dei camion

A me basta
sapere che vi sembra normale
lasciarvi imbruttire da un’altra banalità
incazzarvi per un commentino sui social
ma ignorare il continuo sperpero della vostra vita
e non cantare mai

A me basta
vedere quel ragazzino che si chiude in casa per sempre
perché non ne vuole sapere di questa infelicità
di questa burocratizzazione dell’umano
di questi adulti così marci che non comprendono
che la vera emergenza
è non saper riconoscere la meraviglia di un fiore

A me basta
vedere un esercito di depressi che bramano psicofarmaci e ansiolitici
riempiendo le tasche velenose di chi gli sta rubando la vita
e sentire dentro di me che questa depressione
è una ovvia risposta del corpo a tutto quello che non va e a cui non dico di no

A me basta
essere allergico al polline e far fatica a respirare
per l’aria tumorale di questa pianura
che cresce come il vostro Pil

A me basta
vedere i tuoi parenti che muoiono di cancro
per Augusta, per l’Ilva, per l’acqua contaminata, per il cibo guastato dal profitto
e sentire gli schiavi degli schiavi che dicono
“meglio morire di lavoro che di fame”

A me basta vedere
quanti soldi buttate per la ricerca contro le malattie
quando è questo costringersi alla falsità
che ci fa esplodere il pancreas
distrugge la cistifellea e annerisce il colon
e che le cellule diventano tumorali
perché la bellezza è oscurata e la gioia non trova spazio

Avete ancora bisogno di ascoltare i dibattiti e ragionare sui dati
per sapere che la casa è in fiamme
che l’inquinamento fuori è identico a quello dentro l’umano
che tu per primo stai bruciando

e che basta
la tua attenzione gentile
che ti fermi adesso, che respiri, che ti vedi
che basta
il tuo cuore aperto e vulnerabile
per curare tutto il mondo?

A me basta

(Giordano Ruini)

Mobilitazione globale per il clima - 27 settembre 2019 - anche a Vicenza - Fridays for future

domenica 22 settembre 2019

La nuova pubblicazione storica di mio figlio Loris


"FIGURE ILLUSTRI E BENEMERITE NEL RICORDO DELLA CITTÀ DI VICENZA - Un percorso a cavallo di due secoli" - di Loris Liotto - Associazione Editrice VIVI VICENZA - settembre 2019


Le figure scelte dall'autore non sono tutte conosciute ai più. La ricerca d'archivio ha portato alla luce onoranze, in virtù delle doti culturali, politiche, artistiche, sociali dei benemeriti, vicentini e non, che la Città di Vicenza ha voluto omaggiare tra la seconda metà dell'800 ed i primi del '900, in vari modi (intitolazione di vie oppure attraverso opere scultoree, tributi in Consiglio comunale...).
Disponibili copie pubblicazione presso cartolibreria-edicola FotoCidue a Vicenza (zona Anconetta) ad € 10,00.
A breve, prestabile anche presso alcune Biblioteche del circuito provinciale di Vicenza.

venerdì 20 settembre 2019

Ricordo della Signora Elsa di Lugo di Vicenza - di Giovanna Maria Grazian

.... Elsa, dopo innumerevoli anni trascorsi nella sua stanzetta ad accontentare grandi e soprattutto bambini, ha cessato l'attività, ma per almeno tre generazioni è stata la figura più singolare della piazza, associata alla delizia del palato.
Quelle bustine di 'farina di castagne e il bastoncino di liquirizia' ce le sogniamo ancora... Anni poveri e spensierati, tuttavia...

"La farina di castagne" - Giovanna Maria Grazian - Il Giornale di Vicenza '99


mercoledì 18 settembre 2019

Poesia di Giovanna Maria Grazian - I giorni lontani (Nascondino)

Poesia di Giovanna Maria Grazian (Annamaria)
E' calata la notte/  finalmente si respira. Osservo la tonda luna/ orfana di stelle/ di questa calda estate settembrina.
Macchie bluastre nel cielo striato/ presagio di bufera scampata. Sulla volta terrestre/ una platea inusuale/ scenario ideale per un nascondino astrale.
La Dea argentata buca le nuvole/si nasconde malandrina/ scompare con mosse feline/ricompare a destra decisa/falcate veloci, repentine /la ritrovo a sinistra, birichina. Rimembro i giorni lontani/spensierati e gioiosi/ di noi tutti bambini/nel gioco più gettonato: il nascondino. Spiando il territorio/ veloci a trovare/ l'angolo  remoto/ più originale/ per non farci in fretta scovare.