mercoledì 29 luglio 2015

In riva al mare....ricordo

Anche lontano dal mare,
ho un po’ di mare nei miei occhi
a mandare riflessi azzurri.
(Julieta Dobles - scrittrice Costa Rica)

sabato 4 luglio 2015

GIOVANNA GRAZIAN - RACCONTO "L'ALTRO PORTO" (2001)




E’ un racconto di viaggio molto particolare, quello di Giovanna Maria Grazian (che è stato anche scelto per un numero della rivista specializzata DM Distrofia Muscolare). Certo, un modo sensibile e intelligente di impiegare il proprio tempo libero, partendo però non dalla propria casa, ma da un istituto di cura a Grado, sull’alto Adriatico.
......ci muoviamo con lei per le stradine della graziosa località friulana, imbarcandoci alla fine alla ricerca di luoghi magici e silenziosi....



Oggi il piccolo porticciolo è calmo, silenzioso, immobile. Una quarantina di barche ancorate al sicuro nella darsena soggiornano in tutto l’inverno; per lo più sono di proprietà di facoltosi austriaci e tedeschi, disposti a pagare un affitto cospicuo, poiché il posto è privato e la domanda è alta.
L’insegna a caratteri grandi mi fa intuire che lì ci sta pure una scuola a vela. Mi hanno spiegato che queste barche sono di vari tipi: alcune di plastica a prezzo modico, altre di mogano, con rifiniture di acciaio di prezzo elevato. E’ come avere un mobile di palissandro fatto in serie e un altro di noce lavorato a mano. I gabbiani amano posarsi in alto, sulla cima dove più in su sta una minuscola antenna; piccole bandierine pendono dai fili degli alberi, alcuni alti dieci metri, altri più bassi, essenziali per capire da dove proviene il vento.

Questa è l’uscita secondaria, la principale è a sud al lato opposto. Lo osservo dalla mia camera, di qua della cancellata: un altro porto. L’alta siepe di foglie fitte e fiori bianchi, ora in piena fioritura, nasconde in parte l’andirivieni di queste altre barche monoposto, qualcuna azionata a motore.
A duecento metri la diga, ovvero la passeggiata lungomare; un grosso lavoro compiuto dagli austriaci all’inizio del secolo. Sul finire del marciapiede, dove termina lo sbarramento, una piattaforma rialzata: una trincea ricordo dell’ultima guerra. L’uomo ha fermato la forza dall’assalto del mare, con una massicciata voluminosa. L’acqua prima entrava nel centro storico, distruggendo e corrodendo le case tra le calli. C’è una forte somiglianza di questa parte interna di Grado con Venezia.
Stormi di colombi e di gabbiani se ne stanno oggi addormentati, al primo sole di maggio e così pure qualche ragazza ha tolto gli abiti per un primo bagno di sole, distesa su un largo masso.
Ieri, assistendo alla messa nella basilica di Sant’Eufemia, ho visto che nei secoli è stata ricostruita quasi interamente per ben tre volte, a causa di queste terribili tempeste che devastano tutto. Il coro - tutti uomini - che accompagnava le liturgie in latino, alla fine ha interpretato una canzone, cavallo di battaglia del posto, Madonnina del mare, con grande sentimento. Eravamo in tanti ad asciugarci una lacrima. Le letture sono state recitate in lingua tedesca per i tanti turisti abituali presenti. Qui la devozione alla Vergine è molto sentita: la si ritrova all’interno delle stradine, labirinti di calli e campielli, con altarini in anfratti angusti, disposti con candide tovaglie e fiori freschi. 

Testimoniano che i gradesi sono stati un popolo di pescatori che fino all’inizio del secolo hanno conosciuto la miseria più nera: incursioni di pirati e pestilenze. Un medico fiorentino diede l’avvio alla fortuna turistica, nel filone delle cure termali, convinto che il clima e la sabbia fossero ottimali.
Il pomeriggio tiepido, il cielo sereno, ci hanno indotti ad un’escursione verso Barbana, piccola isola raggiungibile in venti minuti, con il suo santuario mariano di architettura anticheggiante del Duecento, dalla splendida cupola azzurra e dal campanile che spicca a distanza. La Vergine è considerata la protettrice della città e la prima domenica di luglio si ripete la suggestiva processione del “Perdon di Barbana”, per sciogliere un voto contratto sin dai tempi antichi a scongiurare una terribile catastrofe. 
Il santuario (dell'isola di Barbana) è oggi custodito dai frati minori francescani. Intorno molto verde e anche uno splendido giardino con una larga varietà di rose e fiori stagionali. Una grande calma regna in questa oasi sacrale; qui si può pernottare estraniandosi dalla vita frenetica della città.
Ritornando con la piccola barca fiancheggiando uno spiazzo di terraferma, ci accompagna un cospicuo numero di gabbiani e molti si avvicinano ai bordi.

Roberta, dalla risata contagiosa, aveva provveduto alla scorta di pane e di spicchi di arancia che loro dimostrano di gradire. Ci ringraziano sfiorandoci le mani con voli morbidi e acrobatici fino al limite del canale di sbarco. Il sole inonda la scena di questo pomeriggio inoltrato, assente di turismo di massa. Per questo abbiamo assaporato il panorama circostante, godendo appieno l’escursione. L’ultimo gabbiano volteggia e se ne torna al suo territorio, raggiungendo il gruppo.
Noi facciamo ritorno al nostro porto. Lì ci stanno coloro che si limitano a vedere il cielo dalla finestra. Un pezzettino di cielo: si accontentano del nostro racconto. Un volo di gabbiano, di tanto in tanto.


Giugno 2001


di Giovanna Maria Grazian


(durante il soggiorno fisioterapico a Grado di Giovanna)