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martedì 5 maggio 2020

Buona Festa della Mamma!!!!


Una delle ultime foto di mia madre Maria, con la sua giovane amica Emilia, davanti alla casa dove ha abitato. 


giovedì 28 novembre 2019

Racconto di Giovanna Grazian

Pupillo - La bambina della Località Porta Rustica tra Fara Vicentino e Lugo di Vicenza, ai piedi delle ville palladiane.
RACCONTO DI GIOVANNA GRAZIAN

   La bambina era nata quando più nessuno se l'aspettava!
Dopo quattro maschi e con sei anni di distanza dall'ultimo nato, le avevano dato il nome della signora padrona.
Così suo fratello maggiore portava il nome del marito: il signor Conte!
Era la riconoscenza  verso i signori di cui il padre era dipendente: più precisamente nel ruolo di 'castaldo', si usava questo vocabolo allora, ora si dice 'fattore'.
   In compenso i conti  l'avrebbero sempre chiamata 'Pupillo' ed erano stati i suoi padrini di battesimo. Altre fortune la bambina non ne aveva avute, se non quella di essere sopravvissuta a tanti fatti accidentali successi nei primi anni della sua esistenza.
Tutto procedeva per il meglio nella casa sulla strada che fiancheggiava l'immensa proprietà dei signori. Il suo papà era benvoluto dai conti, un po' meno dai suoi subalterni, cioè i lavoranti a giornata. Si occupava di tutto ciò che riguardava l'andamento delle coltivazioni e i rapporti con i braccianti; in primavera accompagnava direttamente il conte  per i campi con il calesse. Dava consigli con la sua esperienza sui tempi  delle semine, dei raccolti e  sull'allevamento del bestiame. Accettava consigli e suggerimenti per gestire al meglio i terreni segnalando al signor Conte qualsiasi anomalia.
Dapprima si lavorava con un contratto di affitto, un tanto al campo, più tardi a mezzadria e tutto ciò che si raccoglieva veniva diviso a metà: trenta campi in pianura e in collina, con tutte le difficoltà delle fatiche manuali. Solo i buoi alleviavano  un poco gli uomini dai pesanti lavori estivi come girare le zolle, tagliare il fieno, raccoglierlo in breve se il temporale avanzava impetuoso e minacciava di mandare all'aria tutta la fatica.
E poi ancora il taglio del frumento, del granoturco, la vendemmia e le bestie...i momenti drammatici del parto, con il veterinario avvisato troppo tardi o introvabile di notte, la drammatica paura quando le mucche si ammalavano.
Lui, il castaldo doveva riferire al signor conte l'andamento
dell'azienda agricola, anche le perdite degli animali, la scarsità dei raccolti a causa delle cattive condizioni atmosferiche ed eventuali manchevolezze o errori dei singoli contadini.
Alcuni braccianti non approvavano l'agire di papà. Pupillo questo lo seppe più tardi, quando di lui era rimasta solo una foto sul comò nella camera ...... Quel lunedì di gennaio con la moto era  a Thiene al mercato del bestiame per trattare la vendita di una mucca.
 In paese solo lui e il dottore possedevano la moto.
A Zugliano in una curva successe il peggio: l'impatto con un camion. Si salvò la bambola, la prima e ultima bambola con il visetto di porcellana e il corpo di pezza destinata alla bambina
Pupillo di appena tre anni.
La fortuna della famiglia subì a quel punto un arresto.
La mamma con poca esperienza non poteva governare il tutto con il figlio maggiore di vent'anni.
Più tardi a Pupillo fu raccontato che una mattina di ottobre, quando i lavori erano febbrili l'avevano trovata addormentata in un avvallo di terreno vicino a un letamaio: la mamma era così stanca da non essersi neppure accorta della sua assenza nel letto. Altre volte non la trovava perché nascosta in mezzo alle foglie del 'moraro'- il gelso - destinate ai  bachi da seta.
Oltre al compito assunto nelle vesti del papà, la mamma badava ai bachi da seta.
 Tutte le famiglie allora avevano questa occupazione in primavera. Serviva quale prima entrata di denari preziosi, dopo la lunga stagione invernale priva di risorse.  il lavoro era così intenso da perdere la cognizione dei bisogni primari.
La mamma ce la mise tutta per drizzare la barca che stava affondando, ma alla fine si convinse che faceva acqua da tutte le parti. I conti nella bella stagione arrivavano in villa, per soggiornarvi tutto il periodo estivo, prolungato fino all'ultima raccolta dell'uva. La mamma faceva passare la piccola attraverso le lance di ferro del grande cancello inferiore alla villa, che confinava con la casa prestata loro, fatta costruire dai conti appositamente per il fattore. Lei entrava con il cestino contenente le uova fresche da portare in villa dove dall'altra parte spaziavano lo sguardo parenti, amici e artisti estasiati da tanta bellezza: tutti increduli e appagati dal panorama.
Nelle giornate limpide si scorgeva la basilica di Monte Berico e più giù la laguna di Venezia. Pupillo ricorda perfettamente quei momenti: la cameriera aveva l'ordine ferreo di controllare le uova attraverso un cerchio di rame e se passavano facilmente venivano riposte nel cestino e rimandate alla mamma, perché non adatte ad essere presentate  alla tavola dei signori.
La bambina capì solo più tardi la mortificazione della mamma, così le caramelle datele dalla contessa, però perdevano il loro sapore dolce.
   A volte si fermava  a giocare con i nipotini ospiti o a guardare chi giocava nel campo da tennis a fianco delle scuderie. I suoi fratelli erano intenti alla sistemazione dei viali, colpevolizzati per non essere stati solerti nei tempi stabiliti. Ogni mezzadro  doveva provvedere a inghiaiare un pezzo di viale.
Con i buoi  scendevano al torrente Astico per recuperare la ghiaia con cui sistemare a dovere la loro porzione di vialetto, così da permettere alle eleganti carrozze di transitare in un fondo ben curato.
   Per Pupillo avevano tutti un atteggiamento di riguardo. Lei lo percepiva da tanti gesti e attenzioni, forse per il fatto che portava il nome della contessa che non aveva figlie femmine o perché era orfana di padre. I suoi fratelli assieme alla mamma decisero che doveva studiare.
<< Possibile  si interrogavano, che quattro fratelli non riescano a far studiare la sorella più piccola? >>
   Con enormi sacrifici Pupillo ce la fece. Sempre con la sua bicicletta percorreva i diciotto kilometri (andata e ritorno) per arrivare alla scuola privata, che l'avrebbe resa consapevole
del trattamento diverso riservatole: chi apparteneva alla classe povera già  sarebbe stato penalizzato.
Con rinunce inaudite si diplomò e all'esame di Stato - svoltosi a Vicenza - , da Thiene si recò con altre compagne in 'littorina'.
Alla stazione una sua  compagna tolse dalla borsa due banane, offrendogliene una.
Pupillo guardò l'amica mentre toglieva la buccia e poi assaggiò il frutto mai visto prima.
Si recò quindi, tutta euforica alla villa, residenza stabile dei conti in città, per manifestare loro la sua gioia di aver completato gli studi.
Con disappunto trovò solo le contessine, sorelle del 'Santolo', Padrino di battesimo.
<<Ho finito - disse Pupillo - adesso spero mi aiuterete a trovare un piccolissimo posto>>.
<<Hai fatto male a studiare - le risposero - dovevi lavorare la terra e lasciar studiare le cittadine che hanno solo le mura >>.
 Queste affermazioni lasciarono Pupillo senza parole, si sentiva in preda allo sbigottimento più inaspettato, dopo tutte le fatiche sentirsi umiliata oltre ogni dire...
    Suo padre prima di morire aveva acquistato due campi, che i fratelli vendettero per pagarsi il viaggio ed emigrare nel continente, cosiddetto nuovissimo: l'Australia.
Il "Santolo" conte, in seguito, dopo ripetute visite disperate di Pupillo, dette alla fine effettivamente  la spintarella per il  fatidico posto di impiegata che ella conservò fino alla pensione. Lavorò come una forsennata, assolvendo il compito con rigore estremo, conscia che la vita è una cosa bella, ma carica di difficoltà.
I suoi fratelli non videro mai più la mamma, lavorarono forse ancora di più  che al paese in terra vicentina, per farsi un avvenire appena discreto. Pupillo lo accertò quando, appena maturata la pensione, trasvolò da loro in visita. Con tanta nostalgia  del paese lasciato,  con grande amarezza per la terra dei conti lavorata dall'alba al tramonto. Lunghi anni di sudori suoi e del padre per pagare  loro il viaggio ed emigrare lontano...


Io e le mie sorelle Tina e Patrizia, qualche tempo fa, davanti al mio quadro ad olio ispirato alla casa della Località Porta Rustica, casa che, alcuni giorni fa, è stata distrutta da un violento incendio.

mercoledì 20 novembre 2019

Ricordi

I miei zii con i miei genitori, al centro, in una cena di.....selvaggina del 1979

domenica 22 settembre 2019

La nuova pubblicazione storica di mio figlio Loris


"FIGURE ILLUSTRI E BENEMERITE NEL RICORDO DELLA CITTÀ DI VICENZA - Un percorso a cavallo di due secoli" - di Loris Liotto - Associazione Editrice VIVI VICENZA - settembre 2019


Le figure scelte dall'autore non sono tutte conosciute ai più. La ricerca d'archivio ha portato alla luce onoranze, in virtù delle doti culturali, politiche, artistiche, sociali dei benemeriti, vicentini e non, che la Città di Vicenza ha voluto omaggiare tra la seconda metà dell'800 ed i primi del '900, in vari modi (intitolazione di vie oppure attraverso opere scultoree, tributi in Consiglio comunale...).
Disponibili copie pubblicazione presso cartolibreria-edicola FotoCidue a Vicenza (zona Anconetta) ad € 10,00.
A breve, prestabile anche presso alcune Biblioteche del circuito provinciale di Vicenza.

venerdì 20 settembre 2019

Ricordo della Signora Elsa di Lugo di Vicenza - di Giovanna Maria Grazian

.... Elsa, dopo innumerevoli anni trascorsi nella sua stanzetta ad accontentare grandi e soprattutto bambini, ha cessato l'attività, ma per almeno tre generazioni è stata la figura più singolare della piazza, associata alla delizia del palato.
Quelle bustine di 'farina di castagne e il bastoncino di liquirizia' ce le sogniamo ancora... Anni poveri e spensierati, tuttavia...

"La farina di castagne" - Giovanna Maria Grazian - Il Giornale di Vicenza '99


lunedì 17 giugno 2019

40° Anniversario Matrimonio - Nozze di Smeraldo

In 12 coppie abbiamo festeggiato, domenica 16 giugno, il 40° anniversario di matrimonio 1979-2019.


Livio ed io, al centro, in alto

giovedì 23 maggio 2019

Lugo di Vicenza



Farley Granger e Alida Valli a Vicenza, durante le riprese del film "Senso" di Luchino Visconti, ambientato nella prima villa del celebre Architetto Palladio, Villa Godi Malinverni di Lugo di Vicenza.
Foto Vajenti




venerdì 10 maggio 2019

Mamma Maria pubblicata...

Mamma Maria mentre preparava la "pannetta" per il caffè...
In occasione della "Festa della mamma", il nostro giornale locale ha invitato i lettori a trasmettere una foto significativa  delle proprie mamme...
Lei aspettava ed intratteneva gli ospiti, offrendo il caffè. In dispensa mia mamma aveva diversi tipi di miscela caffè, in base alle preferenze. E prima ancora fossero entrati, chiedeva se desiderassero un caffè!
Grazie, mamma. I fuoi figli.💖

mercoledì 1 maggio 2019

Pagella scolastica di mia mamma

La pagella scolastica di mia madre che attestava la promozione dalla classe quarta alla quinta. È datata 25 luglio del 1926. Intestazione: Direzione Didattica di Zanè. Provveditorato di Venezia. Scuole di Lugo di Vicenza. Assenze zero. Il Maestro: Berengan Rosalia. Mia mamma all'epoca aveva 10 anni, essendo nata il 14 marzo 1916. La custodiva gelosamente nel suo primo cassetto del comò della camera da letto.


giovedì 25 aprile 2019

In compagnia dei parenti nella casetta in collina


Verso i preparativi per il pranzo
Noi fratelli: Paolo, Tina, io e Patrizia
I cognati: marito, Elena ed Alessio
Davvero delizioso tutto.
Panoramica mozzafiato dalle colline.
Splendida giornata in compagnia ed immersi nella natura.
Grazie di cuore.

mercoledì 24 aprile 2019

Immagine che desta ricordi

Si sa, non è facile la vita. Occorre sempre armarsi di coraggio. Tutti hanno però delle sofferenze.
Ho ricevuto questa bella immagine, dalla signora Nives, del mio paese di gioventù, qualche settimana fa, proprio in un momento in cui la tristezza, purtroppo, stava per ....sopraggiungere....interessante però la coincidenza. Grazie al mittente.

giovedì 14 marzo 2019

14 marzo 2004

Oggi sarebbe stato il compleanno di Mamma Maria ! AUGURI!
Qui, con me e mia sorella Patrizia.
Tre compleanni consecutivi a marzo!

martedì 25 dicembre 2018

Natale 1979

Da sinistra: mio marito Livio, mio cognato Bruno con figlio Simone, mio cognato Giancarlo con figlio Marco, mia sorella Tina, mia sorella Rita e mamma Maria sorridente, a destra.
Mamma e Papà, durante i preparativi del pranzo di Natale
Livio, io, mio fratello Paolo e mia cognata Elena sul divano, e i nipotini.
Mia sorella Patrizia fotografava. Sicuramente ci sarà in altre foto che non ho....

venerdì 16 marzo 2018

Compleanno della sorella minore, Patrizia

  • È stato troppo divertente crescere con te. Ti auguro tutta la felicità e la gioia per il tuo compleanno!💐🎂💌🌷🌹🌻💋❤

mercoledì 7 marzo 2018

Racconto di Giovanna Grazian - "Chiamatela Ida"



Questo dipinto di Van Goghrealizzato nel 1885 e conservato al Museo omonimo di Amsterdam, raffigura un’ostetrica (come la protagonista del racconto sotto riportato): il tratteggio dei lineamenti è "sapiente", deciso nel descrivere il temperamento di chi era chiamata a fronteggiare i bisogni delle donne, soprattutto in un’epoca in cui soltanto la conoscenza empirica e l’esperienza potevano aiutare a risolvere le situazioni difficili legate alla gravidanza e alla nascita. 


Chiamatela  Ida

 (di Giovanna Grazian)


Eravamo appena entrati nel novecento e le contrade arrampicate sui monti erano animate da tanti bambini.  Le casupole di Mare, Lore e Mortisa avevano le porte scalcagnate, spesso rosicchiate dai topi;  le entrate erano rivolte a sud ed il sole era la vitamina gratuita. La carne veniva  consumata  nelle feste importanti;  sempre che gli animali di cortile fossero sopravvissuti ai rigori dell'inverno e scampati alle prodezze di volpi e faine.
Genoveffa, 'la comare',  arrivava  allora a Lugo  (di Vicenza) dal padovano  dopo essere rimasta vedova con due figli piccoli, con determinazione studiò per divenire ostetrica. Prima era rimasta un paio di anni nel Basso Vicentino dove aveva conosciuto il secondo marito; preferì spostarsi in alta collina e iniziare la professione, dopo aver vinto il concorso.
Nel frattempo nacquero altri tre maschi, due gemelli: Romolo e Remo.
Con la sua valigetta si spostava anche nelle frazioni più lontane lasciando i suoi figli ad una parente; i due più grandi  rimasti a Padova  dai nonni.
Se una donna era primipara rimaneva  due tre notti con lei, impartendole consigli e insegnamenti  preziosi.
Aveva sempre con sé un cartoccio con  un po' di miscela di caffè da somministrare alla puerpera dopo l'immane fatica...
Un giorno arrivò da Padova  una triste notizia. 
Ida, la sua figlia di vent'anni  era morta, forse di tifo e lei non poté soccorrerla. Questo fu il dolore più grande che la levatrice conobbe.
In seguito quando le partorienti  le chiedevano come ricompensarla, se era una bambina, Genoveffa rispondeva:  "Chiamatela  Ida" .
Lei concluse la sua collaborazione con il  Comune dopo 47 anni di servizio e la fortuna l'assistette sempre: nessun nascituro  rimase orfano della mamma.

Negli ultimi anni si concesse un calesse con un pony e lei a volte faceva salire i bambini dei monti, per brevi tratti intorno le contrade dove si recava anche nei  giorni successivi  al parto.

I  pronipoti sono ancora contraddistinti per 'Comaro' . La casa da lei costruita  è ancora là in collina e la nipote Ida conserva la medaglia d'oro  che il comune ha donato ai figli. 
Una donna che ha amato  il suo lavoro e si è spesa  con grande umanità e generosità.

L'ostetrica Genoveffa, nella foto

mercoledì 17 gennaio 2018

Quadro "Il Battesimo di Gesù" di Franco Carollo

L'Artista Franco Carollo ha detto: 

"Fin da quando facevo il chierichetto sognavo di abbellire la nostra chiesa con un mio dipinto. Lo dedico a mia mamma".

Il grande quadro "Il battesimo di Gesù" di Franco Carollo, ora nella Chiesa S. Giovanni Battista a Lugo di Vicenza, nella nicchia adibita al Fonte Battesimale, e ambientato in un'ansa effettiva del nostro fiume Astico.

Franco Carollo contempla, a sinistra, la sua opera mentre viene svelata.
(Foto di Gigi Abriani - Artefoto)

domenica 14 gennaio 2018

Giovanna Grazian ed un suo bel racconto sulla figura del "Barcarolo"


Il Barcarolo

L'aurora non è ancora delineata: manca una manciata di minuti alle ore sette ed essendo gli ultimi giorni dell'anno è buio pesto, nessuna avvisaglia di luce imminente. Poche le auto al posteggio della piscina comunale di Thiene dove il bar all'entrata non è ancora in funzione e la segretaria  non è al suo posto, arriverà a minuti ma le porte sono però aperte e mentre mi avvio alla piscina piccola vengo stordita dallo sciabordìo provocato dalle vigorose bracciate di alcuni frequentatori abituali della vasca grande alla mia destra. E' talmente forte il rumore che mi ricorda il mare grosso, quando le onde sbattono sugli scogli e  pare di sentirlo dentro le orecchie.
E' a quest'ora che si può accedere al primo corso di nuoto libero. Questi mattinieri, amanti dell'acqua e in prevalenza giovani, donne  piene di energia  avanzano a stile libero, avanti e indietro con poderose bracciate: una sorprendente energia che aumenta di vasca  in vasca, sono dei professionisti e mentre li guardo, stupefatta e incredula,  i pensieri tornano ai racconti  di mia madre... classe 1916.
Lei abitava al di là del fiume Astico e mi raccontava della sua amica     d'infanzia: Bruna Barcarola. Un giorno le chiesi:  
Perché Barcarola? Era il suo cognome?
No - mi rispose la mamma - era il soprannome.
Devi sapere che suo padre abitava nelle casette  fatte costruire da Nodari - direttore della cartiera Burgo - in località Serra (Lugo di Vicenza), rasente il greto del fiume. Erano una ventina e stanno ancora lì, malandate e attaccate una all'altra: al pianterreno la cucina e una stanzetta da disbrigo, sopra due camere da letto.
La primavera molto piovosa di quell'anno di tanti anni fa - primo novecento - fece sgretolare il ponte e quelli che abitavano nel mio versante subirono l'isolamento totale.
Il nonno di Bruna era un uomo che sapeva fare un po' di tutto, sempre disponibile a prestare le sue braccia ai vicini in difficoltà. Vista la situazione del momento  si adoperò a cercare grosse tavole di legno. Prese gli arnesi dalla baracca e lavorando di lena costruì una barchetta rudimentale e due remi. Riuscì con il suo ingegno a collaudarla e poi questo divenne per lui un lavoro: avanti e indietro da una sponda all'altra, in attesa che si costituisse una squadra per rendere sicuro il transito con una  passerella.   

Era sempre disponibile per ogni eventualità: trasportò la levatrice al versante Oltrastico, salvando una neonata che si affacciava alla vita con un parto podalico; dopo la mungitura serale, fece ancora  la spola con la bottiglia di latte offerta da un contadino a puerpera e neonata; trasportò il Vicario per l'Estrema Unzione ad un vecchio che chiedeva con insistenza il Sacramento. Ci fu bisogno anche del veterinario per una giovenca primipara; senza la barchetta del bisnonno della mia amica le vicende si sarebbero complicate ulteriormente.   Il tranquillo fiume Astico e la roggia adiacente   che scendeva da Calvene, quel lontano  giorno di primavera aveva sorpreso tutti i residenti di via Serra: l'acqua in cucina era arrivata all'altezza della stufa, dalle finestre delle camere la visione appariva spettrale: galline ruspanti  uscivano spaventate dai pollai sradicati e trascinati giù da Arsiero che galleggiavano in mezzo ad un'acqua color caffelatte;  grossi platani con intatte radici ondeggiavano  e un maiale inerte grugniva e annegava...Per tutti questi motivi l'impresa del nonno di Bruna rimase nella storia e lui venne "battezzato" Barcarolo, così come i suoi figli e pure i nipoti. In paese c'erano pochi  cognomi e di conseguenza molti soprannomi che servivano a distinguere i vari ceppi.
Sono assorta in questi pensieri e mi chiedo cosa penserebbe il Barcarolo se vedesse questi solerti e disciplinati nuotatori che credono nella forza rigeneratrice dell'acqua...Mi soffermo sul poster gigante alla parete di fondo: un primo piano di Federica Pellegrini che emerge inspirando con le mani colme di sfavillanti diamanti: sono grosse gocce d'acqua e non so per quale effetto surreale appaiano tali...L'immagine mi rimanda ai ricordi di una spettacolare escursione alla cascata nella Val di Rabbi, in mezzo alla foresta vergine vista molti anni orsono, dove il vortice d' acqua scrosciando fortemente spezzava il silenzio della natura tanto incontaminata da sembrare irreale.
(GIOVANNA-Anna GRAZIAN)



giovedì 11 gennaio 2018

RACCONTO DI LAURA (10) - VITA DI UNA FAMIGLIA DEL NOVECENTO

Casa natale di Laura Andrighetto a Lugo di Vicenza dove abitavano i nonni (ora proprietà della famiglia Cappozzo).
Ed il fratello di Laura, Claudio, davanti alla casa, centrale nella foto, fatta costruire dal loro Papà e dove hanno vissuto fino alla loro partenza per l'estero, casa annessa a quella appartenuta alla loro Famiglia, a sinistra, con le finestre a bifora.....

Laura scrive: "Tutta la grande famiglia di Mamma era di origine emiliana. 
Papà era Veneto, faceva il rappresentante nella bassa Lombardia e nord Emilia. 
Tramite un'amica comune, si conobbero e si piacquero.
Dopo alcuni mesi, però, la grande famiglia, compresi zii, zie, cugini, si trasferirono a Nizza.
( Non ho mai capito il perchè , avevano negozi, proprietà e l'Albergo al CAVALLO BIANCO a Reggiolo - Reggio Emilia, da poco tempo chiuso definitivamente). Mamma aveva 17 anni. Con Papà si scrissero per 3 anni, poi Papà ultratrentenne scrisse a Mamma: 'Vengo a trovarti, se scocca la scintilla ci sposiamo, altrimenti la
nostra storia epistolare finisce'. 
In treno, dal Vicentino, andò a Nizza. 
Si videro, la famosa scintilla scoccò e Papà voleva sposarsi subito. 
Mamma non era ancora maggiorenne e il
nonno si rifiutò di firmare il consenso . Disse a mio Padre di tornare l'anno seguente quando
Mamma sarebbe stata maggiorenne . Papà tornò a casa e nel frattempo preparò i documenti necessari. L'anno seguente Papà ritornò a Nizza . Mamma era ormai maggiorenne e si sposarono. Andarono   a vivere a Mantova dove Mamma aveva ancora una zia e cugini. 
Lì nacque mio fratello.
Durante la guerra, le città erano le più bombardate, così Papà propose a Mamma di andare
a vivere nel Veneto fino alla fine della guerra. Si sistemarono a casa del Nonno dove nacqui io.
Alla fine della guerra, Papà non volle più ritornare a Mantova. Quello era il suo paese, aveva
i suoi amici e si sentiva a casa. 
Mamma pianse molto, era una donna da città e vivere lì, non era proprio il suo habitat. Gli anni passarono con un susseguirsi di vicende perlopiù tristi.
La mia sorellina morì in un tragico incidente, Papà mancò d'infarto quando avevo 11 anni.

Passarono altri anni, mi feci adolescente, ero insoddisfatta, inquieta, il mio paese mi stava
stretto, dovevo scoprire cosa c'era dietro l'angolo di casa mia e "Volli , fortemente volli", che
a 17 anni, con il consenso di Mamma, andai all'estero,  ma essendo io minorenne, Mamma dovette prima firmare in Municipio per poter ottenere il mio Passaporto. (Lo conservo ancora , pieno di timbri di
entrate ed uscite dei vari Paesi dove sono stata).
Lavorai, studiai, viaggiai molto e scoprii cosa c'era dietro l'angolo.
Mi spostai più volte: Stoccarda, Düsseldorf, Berlino Ovest, al tempo della guerra fredda .
A Berlino Est fui anche, mio malgrado, coinvolta in un caso di spionaggio, finito bene per me.
Berlino era una città interessante, feci molte amicizie e per un paio d'anni vissi bene. 
Poi però mi stancai e incominciai ad essere insofferente. Dovevo andarmene.. e me ne andai a
Londra.
Erano gli anni ' 60, il periodo dello Swinging London che rendeva la città come la capitale assoluta dello stile e delle nuove tendenze in fatto di mode, musica..., The Beatles, Mary Quant, Carnabey Street, The Rolling Stones ecc.... Vidi anche la Regina Elisabetta con i suoi adolescenti figli, al balcone di Buckingam Palace mentre salutavano la folla acclamante.
Forse furono gli anni più belli della mia vita. A volte mi sentivo al "Top of the World".


Tempo e soldini permettendo, viaggiai molto, vidi molto, imparai molto e tutto ciò ha forgiato
il mio carattere e personalità, che reputo non sia poi così male.

Ora, nell'Autunno della mia vita, rivedo il mio passato, il paese e la casa dove sono nata, quella costruita da mio Padre, dove sono cresciuta, là dove ho lasciato la mia fanciullezza.
I rami sono cresciuti altrove ma le radici non si sono spostate, sono rimaste là.

Negli anni sono ritornata più volte al paese natìo, ritrovo le compagne di scuola, amiche carissime, la mia ex casa, vado a salutare il mio Papà e sorellina, lassù dove riposano.... 
Ritornerò finchè potrò."                (Laura Andrighetto)