sabato 23 agosto 2014

"IL MAESTRO MAINO DI LUGO DI VICENZA" - RACCONTO DI MIO COGNATO ALESSIO RIZZATO


Il Maestro Maino:

ricordi, lontani, di un suo alunno



IL MAESTRO MAINO A DESTRA DELLA FOTO CON LE SUE INSEPARABILI "BRETELLE" ("TIRACCHE" IN DIALETTO VENETO) ASSIEME FORSE AD UN SUO PREDECESSORE SINDACO durante la ricostruzione della Malga di proprietà comunale in località Granezzetta

Alessio scrive:
 
Noi maschi avevamo, in prima, la Signora Maestra Liliana, Moglie di Italo, gentile, buona, forse troppo per noi, un po’ eccessivamente vivaci; l’anno dopo, in seconda, con gli esami a fine anno, il Maestro Marcon di Vallonara, ma anche Lui non ci volle più. Le "Tose" invece hanno avuto la Maestra Isetta Manzardo in Soffini, fino in quinta.



In terza elementare poi, la maestra che avevamo si è ammalata e per molti mesi abbiamo avuto una giovane supplente che veniva da Calvene: si chiamava Mariuccia.



Nessuno aveva messo in riga i vispi fanciulli del ’59: ci pensò, dalla quarta elementare, un altro insegnante.



Mi risulta difficile tenere distinti i due nomi, quello comune di maestro e quello proprio di Maino: per me è una unica entità il “Maestromaino”. Lo ricordo elegante con giacca e camicia bianca con cravatta allargata con il primo bottone della camicia aperto, con occhiali con montatura nera che ancora oggi è di moda, con i capelli tirati indietro come gli attori americani degli anni ’40. Uno dei Suoi quattro figli Gli somiglia moltissimo e a guardarLa mi sovviene immediatamente Suo Papà.



Lui era anche Sindaco di Lugo e quando, di mattina doveva andare via, “per i mestieri del comune”, antesignano dei tempi futuri, inventò il rientro pomeridiano.
Municipio


Nessuna Classe alle elementari rientrava il pomeriggio: noi restavamo a casa il mattino e si andava a scuola il pomeriggio; eravamo contenti perché alla ricreazione il cortile piccolo era solo per noi e giocavamo a "balon".
 
 



Il Mattino l’orario di inizio delle lezioni era, di solito, un po’ dopo gli altri, perché arrivava sempre un impiegato del municipio per fargli firmare “le carte del Comune”.

Questi minuti di ritardo venivano regolarmente recuperati all’ uscita di scuola: quando la Lina (bidella) suonava la campanella tutti andavano a casa, tranne la classe del Maestro Maino.



L’orario subiva ulteriori personalizzazioni individuali a seconda della velocità ed esattezza delle risposte sulle tabelline. Un mio compagno, parecchie volte è arrivato a casa, dopo le 14 e mangiava assieme ai genitori che, a quell’ora, uscivano dal turno in Cartiera.

Anni dopo, ho saputo che Sua Moglie, la Signora Iride, per pranzare, aspettava i due figli più grandi che tornavano dalle loro Scuole di Thiene e quindi non prima delle due. Alla Iride bastava affacciarsi alla porta di casa per vedere la finestra della classe ed era un attimo dire a Suo Marito che era pronto in Tavola. Ecco perché molti di noi andavamo a casa tardi: perché non era pronto da mangiare per il Maestro, ma era molto bello anche così !
"Clara alla finestra"
(pittore Lucio Betto)


Non mi pare che il tempo di risposta per il risultato fosse stato direttamente proporzionale alla rapidità di calcolo mentale necessario: ovvio che “5 X 5” è più facile che “7 X 8”, ma per il Maestro Maino ci voleva la stessa frazione di secondo per rispondere, le tabelline erano assimilabili alle poesie: dovevano essere imparate a memoria come “la donzelletta vien da la campagna in sul calar del sole”. Passava tra i banchi e puntava il dito verso chi doveva rispondere, con un intercalare di posti che non seguivano una logica, ma a “salton” (a caso), e non si sapeva mai se toccava a Te o ad un Altro rispondere alla domanda successiva , così dovevi restare sempre attento: Psicologo il Maestromaino!

Forse ci sarà voluta una riforma scolastica per specializzare la maestra di matematica e la maestra di italiano, per evitare di "smissiare" (mescolare) le due materie, come invece faceva il Maestro Maino: però le tabelline noi le abbiamo imparate bene e anche le poesie, e le ricordiamo anche adesso.



Quando, in quinta, ci avvicinò alla fisica andava a prendere dal sottoscala gli oggetti per gli esperimenti. Uno in particolare doveva spiegarci che i metalli, se riscaldati, aumentano il volume e allo scopo c’era una sfera, attaccata ad una catenella che il Maestro riscaldava con una candela: da fredda la sfera passava per un cerchio di metallo, poi da calda non passava più. Prima di spegnere la candela, la usava per accendersi una sigaretta.



La geografia era una materia che necessitava di appositi strumenti ingombranti e il Maestro Maino andava a prendere dei rotoli tipo carta da parati e posato il palo di sostegno sulla parte superiore della lavagna lo lasciava cadere e appariva la carta geografica dell’Italia con l’ evidenza colorata delle 20 regioni. Bella, mi disse il mio compagno di banco, peccato che non ci sta l’Europa sulla lavagna, perché se già l’Italia la riempie tutta è logico che l’Europa non ci sta. E’ logico pensai anch’io.

Un giorno poi il Maestro ci spiegò che le “scale“ non servono solo per salire al piano di sopra, ma anche per rimpicciolire la realtà, anche la carta geografica dell’Europa che, infatti, ci stava sulla lavagna come quella dell’Italia, solo un po’ più piccola e quasi quasi “San Marino “ non si riusciva a vedere.



Non aveva preferenze, il Maestro Maino, era diplomatico e scherzoso, ma anche serio, sapeva interpretare le situazioni e agire di conseguenza, ma una volta utilizzo il più bravo della classe per fare capire ad un altro, meno bravo, l’importanza degli accenti.

L’Altro scrisse alla lavagna " citta " e il Maestro gli chiese di leggere: Lesse CITTA’. A Luca chiese allora di rileggere. Luca lesse " citta ". Si andò avanti così per dieci minuti. Alla fine anche l’Altro capì, ma prima il maestro gli disse: ma perché non stai attento, cosa guardi sempre, il ragnetto che esce dal buco ?



Se finiva le sigarette, il Maestro chiamava Renato, alunno che era anche Suo Nipote e gli diceva di andare da Ambrosini (tabaccheria) a comperare le “Caramelle”. Non usava il termine sigarette: quelle facevano male!



Spesso il sabato si sentiva bussare la porta della classe e entrava Don Antonio che chiedeva se per caso qualche ragazzo poteva andare con Lui in chiesa per fare il chierichetto a un matrimonio: sempre concessi i permessi ai  " mòcoli " (o chierichetti), ma solo a quelli bravi a scuola… non ci sono andato tante volte.

"Chierichetto con candela"
(pittore Gaetano Oltolina)

Aveva un bel vestito blu, il Maestro Maino, anche la sua “Fiat millecento R” era blu: il colore dei diplomatici.



E’ stata una persona molto importante per il Paese di Lugo, per molti decenni. Se ne andò troppo presto, in un giorno di Maggio del 1980 e prima che la Chiesa, si gremì la Piazza, di gente, commossa, davvero.



Grazie Sig. Maestro "Toni" Maino. Credo che ci sarebbe ancora bisogno di persone come Lei, non solo nella Scuola.



Chiedo scusa a Sergio, Marina, Anna e Giorgio (figli del Maestro) se mi sono permesso i ricordi di un bambino di quegli anni sessanta.




Post scriptum:


ho incontrato il Figlio Sergio questa sera, nel suo studio dentistico, e mentre non potevo parlare perchè mi stava visitando, mi ha detto che mi sono dimenticato qualche cosa di fondamentale nella descrizione della figura del Maestro Maino.

L'averci pensato nel mentre mi curava, mi ha anche giovato: non ho sentito nulla.
 
Del Padre, Sergio, ha sicuramente ereditato la splendida, trasparente e fluida ironia:
alla fine del suo lavoro, quando ho potuto parlare Gli ho detto cosa mi son dimenticato:
 

"Le bretelle”

Il Maestro Maino usava le " Tiracche": come ho potuto non ricordare prima!

Grazie Sergio, anche per avermi ricordato il presente indicativo del verbo andare. Altro motivo di ritardo in uscita di scuola: io ando, tu andi egli anda… 


 

Lugo, 17.02.2014 -- 25/02/2014 il Post scriptum



 

(ALESSIO RIZZATO)


 

( ....ANCH'IO RICORDO L'ANEDDOTO DEL VERBO "ANDARE" PERCHE' E' STATO FAMOSO E DIVULGATO ANCHE  TRA GLI ALTRI  SCOLARI E SCOLARE;
IL MAESTRO MAINO AVREBBE DETTO 
 ....E TU..... "ANDI" FUORI DALLA PORTA !!!!!!......... AD UN SUO ALLIEVO CHE SBAGLIO', PROPRIO COME RICORDAVA SUO FIGLIO SERGIO, IL "VERBO INDICATIVO ANDARE"  FACENDOGLI CENNO CON IL DITO DI USCIRE ....)


6 commenti:

  1. Cara Arianna, quanto sono belle le tue storie reali del passato...
    Bello davvero questo post, complimenta cara amica.
    Buon fine settimana ancora.
    Tomaso

    RispondiElimina
  2. Anch'io mi unisco a Tomaso per i complimenti. Una realtà simile che ricordo bene di quei famosi anni.
    Vorrei azzardare col dire che gli insegnanti avuti a quei tempi hanno lasciato un profondo segno di saggezza che non posso dimenticare. Credo che avere incontrato insegnati così sia da considerarsi un privilegio.
    Le poesie studiate a memoria è vero che le ricordo ancora oggi, ma soprattutto un grande rispetto ed un rispettoso ricordo.
    Molto bello questo post.
    Un saluto, a presto!

    RispondiElimina
  3. Ho un ricordo bellissimo del maestro Antonio ,ho fatto la VI e la VII era un' insegnante rigoroso ma nello
    stesso tempo simpatico,nella mia formazione è stato fondamentale,ricordo ancora un scherzetto che io
    le ho fatto, avevo messo la gomma americana sulla sedia,non vi dico cosa poi cosa è successo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì, sei diventata una persona con la battuta sempre pronta, arguta, pronta di riflessi, loquace (anche se avresti commesso alcuni errori grammaticali, te ne sei accorta...eh eh ...sarebbero corretti: uno scherzetto e gli ho fatto...chissà il tuo maestro anche se era un filosofo in fondo), espansiva, creativa...
      Comunque era troppo forte il tuo Maestro Maino!
      Vi ha insegnato l'arte di vivere!

      Elimina
  4. che bei racconti ritrovo quell'aria di paese che tanto ha visto e vissuto da bambino, un fare umano che si è perso e dimenticato

    RispondiElimina
  5. A ben guardare lo stile scolastico di oggi sembra che tu ti riferisca a periodi da inizio 900.
    Invece, ho riletto due volte, si parla della classe '59, dunque dal 1965/66 in poi. Sono bellissime queste testimonianze, sono storia, la nostra storia.
    Grazie per aver condiviso.
    Francesca

    RispondiElimina