domenica 20 luglio 2014

RACCONTO DI GIOVANNA - RICORDI ANNI '50 DEI SOGGIORNI IN COLONIA

RACCONTO DI GIOVANNA
CHE RICORDA LE SUE ESTATI DA BAMBINA IN COLONIA A MONEGLIA
 (p.s. IO INVECE LE HO TRASCORSE IN COLONIA A RICCIONE)
 
Un privilegio che avevano i dipendenti delle Cartiere Burgo erano i soggiorni al mare e in montagna per i loro figli.

Mia sorella Caterina detta Tina (terza da sinistra) vicino all'autrice del racconto Giovanna detta Anna
e sotto, mia sorella Rita, discretamente nascosta al centro, in colonia a Moneglia anni '50
 
Un mese era riservato alle bambine, il successivo ai maschi.

Il ricordo della prima volta in colonia mi è rimasto incancellabile: avrò avuto sei - sette anni, non avevo mai visto un PAESE al di fuori del mio, non ero mai salita su di un TRENO, né sapevo cos'era il MARE.
Mi torna in mente l'eccitazione della vigilia della partenza. Poche cose nello zainetto, tre cartoline postali di colore crema con l'apposito indirizzo prestampato, la poca biancheria intima personale; la divisa bianca e azzurra coordinata con il cappellino per la spiaggia la trovavamo all'arrivo e pure i sandali.
Quasi tutte avevamo gli occhi gonfi per non aver dormito la notte prima: riunite davanti la portineria salivamo sul pullman fino alla stazione ferroviaria di Vicenza. I pianti delle ragazzine più sensibili emozionavano anche le altre più euforiche e il "bao" lungo che ci ospitava per un viaggio fino a Genova ci sembrava interminabile.
L'odore del carbone si sentiva nei vagoni, noi ci sporgevamo dai finestrini, mentre c'era chi già vomitava, poi ci ritiravamo spaventate a causa dei fischi striduli che ci rimbombavano nelle orecchie quando il treno entrava nelle gallerie. Alcune venivano accompagnate in bagno dalle assistenti: erano madri anche loro e usavano una tenerezza infinita per alleggerire il distacco. Scendevamo alla stazione di Genova per risalire su di un treno più piccolo che in poco tempo ci portava a destinazione di Moneglia sulla riviera di Levante.
Arrivavamo tutte sporche di carbone e fuliggine accolte da suore tutte vestite di bianco. Ricordo nitidamente la cena squisita all'arrivo: omelette farcite di marmellata conosciute solo allora e morbide frittelle di pane gonfie; lo stupore delle camerate enormi .
 
Al pomeriggio, il grosso e panciuto bagnino arrivava in spiaggia trasportando su di un carretto dei capienti bidoni di latta come quelli usati dai contadini per trasportare il latte; contenevano acqua e anice, profumo che ancora oggi mi ricorda i tempi della colonia.
Distribuiva anche la merenda delle quattro: piccoli panini con una confezione di marmellata scura rettangolare. Ricordo che noi bambine terrorizzate dalle onde, restavamo immobili sulla battigia, incantate a guardare la risacca e il movimento delle onde con la schiuma bianca; poi l'immensità sconfinata del blu intenso quando lasciavamo la spiaggia ci sorprendeva. Quando il tempo era nuvoloso ci immergevamo nella grande piscina all'interno del recinto della colonia sebbene nessuna di noi sapesse nuotare; il bagno ci elettrizzava, c'era chi urlava, i vari dialetti delle figlie dei dipendenti lombardi e piemontesi erano per noi "lingue straniere" ma il divertimento era comunque grande. Dopo cena, alle volte si usciva in passeggiata per viottoli sconnessi, su verso la collina fino al punto dal quale si intravedeva il mare e a noi abituate ad un torrente che si ingrossava solamente nel periodo delle piogge, quest'immensità dava un senso di smarrimento.
Il panorama circostante era molto diverso da quello delle nostre parti, dove le colline sono morbide e ondulate, qui gli orti erano piccoli rettangoli interrotti da muretti; gli ortaggi mescolati a olivi e oleandri, piante grasse che crescevano ovunque. Si ritornava dalla passeggiata serale facendo una sosta nella chiesetta vicina e sull'altare vi era una Madonnina colma di ex voto, poi si rientrava per una viuzza stretta e buia e il peggio arrivava a quel punto.
Con l'imbrunire sopraggiungeva la malinconia, lo struggimento della nostalgia di casa. Le più sensibili stavano più in infermeria che in spiaggia per lo scoramento che procurava loro una febbriciattola continua. Durante il riposino pomeridiano, nelle camerate sconfinate, dovevamo stare in silenzio nei nostri letti a castello; le più vivaci sopra, le timide sotto. Quelle incapaci a prendere sonno chiacchieravano, perciò venivano accompagnate dalle suore nel porticato, occupando quelle due ore stabilite della sosta ad imbiancare con la "biacca" le scarpe delle stesse Sorelle.
Scrivevamo sulle nostre cartoline postali: "Qui è bellissimo, il mare, i monti e il cibo; le suore sono buone". Nel buio della sera il treno con il suo lugubre fischio sopraggiungeva dietro di noi sulla collina; ad occhi chiusi rivedevamo il "bao" visto a Vicenza e a quel punto sopraggiungeva la malinconia.

Il mese di mare non finiva più, ci avevano inculcato che il cambiamento d'aria e lo iodio respirato sarebbe stato un " toccasana", niente più bronchiti né tonsille da estrarre , il sistema linfatico ne avrebbe giovato; saremmo cresciute in altezza e fortificate nello spirito. Finalmente arrivava il giorno del ritorno; si ripeteva l'eccitazione della partenza. Il fazzoletto bianco sventolato dal finestrino del treno a Vicenza era divenuto grigio. Il pullman ci aspettava. "Vola colomba" e "Vecchio scarpone" cantata mille volte.
A Zugliano il cuore ci batteva all'impazzata, le ville venete erano ancora lì sulla collina a destra, così pure la nostra chiesa - anche se senza campanile - ma soprattutto la rassicurante ciminiera fumante era vicina. Senza più voce intonavamo: " A Lugo ritorneremo e la mamma abbracceremo". Ecco, stavamo imboccando lo stretto ponte sull' Astico. "Ci siamo e anche Fiorenza, la più sensibile di noi, sorrideva".

Il mese di colonia di quei lontani anni cinquanta non lo avremmo mai scordato; a metà soggiorno della mia seconda esperienza, Miriam, una bambina di due anni più piccola era ritornata sola su di un carro funebre: un virus terribile le fu fatale. Lei, già orfana di madre, riposa nel cimitero di Calvene.
Pinarosa non l'ha però dimenticata e ogni volta che va a trovare i suoi cari s'intrattiene a fissare la foto ovale, aneddoti e particolari lontani che sembrano accaduti ieri... e deposita un fiore.
Molte di noi e così pure i maschi, già nonni da tempo, almeno una volta nel corso degli anni si sono recati a Moneglia per ripercorrere l'emozione dei tempi lontani, la più intensa senza ombra di dubbio: quel mese di mare in colonia che Luigi Burgo aveva generosamente ideato per i figli dei suoi dipendenti, un' esperienza scolpita per sempre.
 
 
(Giovanna detta Anna)
 


p.s. A Luigi Burgo, nel 1905, balena l'idea di creare un impianto per la produzione della carta.  Da quell'anno l'azienda si ingrandisce, fino a diventare un colosso a livello europeo nel 1930, a 25 anni dalla sua fondazione, con 5400 dipendenti e otto stabilimenti (Verzuolo, Corsico, Maslianico, Pöls, Fossano, Treviso, Romagnano Sesia, Lugo di Vicenza).

15 commenti:

  1. Cara Arianna, un post che mi ricorda tante cose, da noi li chiamavano campo solare, e ne avevano diritto colore che erano poveri e non bene di salute.
    Ciao e buon inizio della settimana cara amica.
    Tomaso

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  2. gran bel post ricco di memoria di come eravamo e di valori positivi

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  3. Bellissimo il tuo ricordo e il tuo post. Ricordo bene che tante mie amichette andavano in colonia. Mio padre dipendente di una raffineria aveva i suoi 15 gg in montagna pagati per la famiglia. Così mia mamma diceva che non avevo bisogno di altro visto che abitavamo sul mare. Io avevo allora molta invidia per chi andava in colonia. Mi sarebbe piaciuto fare questa bella esperienza che tu hai descritto meravigliosamente. Un abbraccio ^_^

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    1. E' il ricordo dell'amica Giovanna che ha saputo raccontare al meglio la sua esperienza in colonia.
      Ciao.

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  4. Bella istantanea di tempi passati.
    Buona giornata un abbraccio
    enrico

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  5. Sono stata a Moneglia 20 anni fa. La tua colonia era abbandonata e in disuso. Questa mattina ho tel.
    al Comune. L'hanno ristrutturata e fatto appartamenti. Delusa? Tutto cambia. E' la vita.
    Ciao e buona giornata Laura

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    1. Giovanna così saprà del destino della sua colonia....
      Grazie e ciao.

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  6. bello il racconto della colonia ,mi ricorda le scarpette bianche che la suora mi dava da pulire per punizione
    perchè chiaccheravo tanto.

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    1. Posso immaginare che chiacchieravi anche da bimba...comunque anche Rita, la nostra sorella maggiore, dovrebbe essere venuta a Moneglia in colonia ....forse anche assieme a te e Giovanna.
      Grazie del commento.

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    2. Ho la foto con Rita e Annamaria

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    3. Potrei inserirla in questo post!

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  7. Il racconto di Giovanna, mi hai fatto tornare alla mente i tempi della colonia passo dopo passo, tutto esattamente così tranne le suore perchè noi avevamo le "signorine" ed eravamo alla Colonia Rivetti di Final Borgo il soggiorno al mare per i figli degli operai della tessitura Trabaldo. Ho trascorso 6 anni lì ed alcuni ricordi sono ancora moto vividi.
    Un bel ricordo
    A presto!

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    1. Eh sì, sono bellissimi ricordi!
      E grazie x aver condiviso le tue esperienze della tua colonia.
      Ciao.

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  8. Vita di colonia. Fu anche la mia, in Romagna, dall'età di sei anni fino all'adolescenza: unica possibilità di godere di un salutare periodo al mare. Ricordo bene la nostalgia di casa...

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  9. Cara Arianna, simili ricordi non stancano mai!!!
    Buon inizio della settimana cara amica, sperando in un tempo migliore.
    Tomaso

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