giovedì 15 ottobre 2020

UN GIORNO SPECIALE

 

UN GIORNO SPECIALE

Anche perché tutti i giorni sono speciali, unici

di Arianna Marangonzin

 

Sarei sopravvissuta per quanto tempo ancora? Non lo so. Comunque il mio giorno speciale, quello che pone fine ai miei giorni terreni potrebbe iniziare così. Non fraintendetemi, avrei piacere di vivere a lungo. Si fa per dire, naturalmente. Tutti i giorni sono in qualche modo speciali, molti passano senza troppe complicazioni, altri invece, a causa di una serie di fattori, trascorrono meno lisci.

Piove a dirotto da ieri sera. Le previsioni meteorologiche, di cui non si fa a meno di ascoltarle, avevano detto che sarebbe nevicato sopra i 1500 metri di altitudine. L’autunno è inoltrato. Le foglie stanno via via ingiallendo o arrossendo. È giorno di raccolta differenziata della carta. Mi ricordo che devo ancora portarla fuori dal cancello dove gli operatori si chinano per gettarla nelle fauci del camioncino. La carta già posata dagli altri condomini la sera prima è tutta inzuppata ma ci hanno detto che la carta deve essere macerata per essere successivamente riciclata, quindi va bene lo stesso. Siamo in piena pandemia, quella pandemia che mai avremmo creduto di vivere in tempi moderni. Si protrae ormai da marzo scorso tra lockdown, DPCM, consigli degli esperti e altro. In televisione e per tutta la serata precedente, ovunque ti imbattessi, ti dovevi sorbire dibattiti eterogenei sul tema. A volte penso che gli stessi interlocutori non abbiano la benché minima idea di quanti di loro si contraddicano tra le proprie teorie iniziali e quelle che attualmente ci stanno propinando. Si sta assistendo ad una divagazione tale che se l’evoluzione della pandemia ha fatto rientrare alcuni concetti adesso invece si registra un effetto quasi terroristico. I batteri sopravviverebbero per tanti giorni, tre settimane addirittura sulle superfici. Mi sembrava di ricordare che qualche mese fa i batteri si volatizzassero dopo pochi minuti. Non metto in discussione le varie ricerche dei tecnici ma siamo tutti ormai in preda ad una sorta di ansia emotiva.

Risalgo in casa e mi preparo un buon caffè, intendo quello non decaffeinato. L’aroma è decisamente diverso. La moka mi avvisa borbottando che il caffè è pronto e prima che schizzi sui fornelli la spengo. Anche questo semplice rumore quotidiano fa compagnia, quasi fosse più che una presenza.

Mi accendo una sigaretta. Fa male, certamente ma mi riassetta i pensieri di tanto in tanto. Non credo che le cellule cerebrali abbiano beneficio ma ragiono in quegli istanti anche meglio. Poi mi prendo il pc portatile e butto giù di prima mattina l’inizio della bozza che ho in mente di sviluppare. Autobiografica. Di una giornata come tante ma che potrebbe essere speciale? Speciale ipotizzando che non ce ne siano ancora.

Mi viene recapitata la spesa: pane, uva bianca, formaggio, arachidi, noci…La pioggia cade incessantemente e quindi ringrazio tre volte per aver evitato un’uscita ben più impegnativa o quanto meno fastidiosa.

Mi accingo quindi, salva connessione ottimale, a lavorare in smart working o lavoro cosiddetto agile, da casa. Da remoto praticamente si è collegati al pc dell’ufficio. Dotata di stampante posso anche usufruire di alcune copie da verificare e controllare, potendo in alcuni frangenti necessariamente non essere collegata al pc. Buona cosa per salvaguardare gli occhi dal video sempre così accecante. Nel tardo pomeriggio del giorno prima, rammento poi di essere stata contattata da utente per aver richiesto formalità in merito ad un procedimento di mia competenza. Per lavoro vengo contattata telefonicamente in maniera molto gentile. Sarà perché anch’io mi pongo in modo cortese. Occorre esserne consapevoli. Non davo, tempo fa, davvero scontato il fatto che se una persona ti risponde o si approccia delicatamente, possa essere perché anch’io cerco di non essere al 99% maleducata, scontrosa o insofferente. Certo, a volte mi è capitato di non poterne più, di alzare la voce in famiglia e nel luogo di lavoro. Sarà perché non tollero certe ipocrisie. Antonio Gramsci affermava: “Una delle facce più appariscenti e vistose del carattere italiano è l’ipocrisia. Ipocrisia in tutte le forme della vita, nella vita familiare, nella vita politica, negli affari. La sfiducia reciproca, il sottinteso sleale corrodono nel nostro paese tutte le forme di rapporti, i rapporti tra singolo e singolo, i rapporti tra singolo e collettività”. Questa chiara affermazione di Gramsci è una verità sempre attuale. Bisognerebbe disvelare l’ipocrisia scalfendo la patina di smancerie e di perbenismo che troppo spesso la copre. Occorrerebbe riconoscere l’ipocrisia quando ne veniamo in contatto. Non è sempre facile però individuarla.

 

Mio marito ha preparato il minestrone. Ieri sera ha messo in ammollo i fagioli secchi per tutta la notte.

Il liquido con altre verdure sta sbollentando ed anche questo mi piace sentire oltre al profumo dolce 

che invade la cucina e piano piano le stanze attigue.



Non abbiamo intenzione di uscire oggi.

Poi preparo dei crostini di pane raffermo e pan biscottato, in padella antiaderente, con un filo d'olio e 

un po' di sale.

L'odore sa di abbrustolito. Apriamo le porte-finestre ma richiudiamo subito dopo per effetto dell'aria 

fresca ed umida.



La tovaglia a quadretti bianchi e verdi è già stesa sulla tavola. Aria di famiglia. Senza alterchi, in pace.

Così mi piace trascorrere più tempo con i miei.

Sono terminati i conflitti che a volte emergono nelle famiglie, più o meno laceranti e destabilizzanti.

Si è ristabilito l'equilibrio o almeno auspico che regni a lungo. Ognuno ha le proprie esigenze, i propri 

tempi, le proprie passioni ed occupazioni. Occorre essere sereni, per quanto lo si possa essere.

Rispettarsi e colloquiare sempre con la massima discrezione. C'è silenzio. In sottofondo si sente la radio.

Amo stirare i panni con la radio accesa. Allora alzo il volume e alzo anche ritmicamente i talloni 

accompagnando le note musicali. Mi sono impegnata a non arrivare al punto di ammassare 

troppi panni da stirare a mò di albero di natale. Dove scorgo un buchetto nel tessuto o scuciture, 

prendo ago e filo e rammendo in piedi, vicino all'asse da stiro. Tra una email e l'altra, un controllo, 

delle integrazioni e rettifiche, uno scorcio attraverso la finestra per vedere quanta pioggia scende ancora 

 imperterrita, e uno spuntino, è ora di finire di apparecchiare la tavola. La trovo già pronta e mi rallegro 

anche per questo. Addirittura con il minestrone sul piatto e non manca una spolveratina di parmigiano. 

Ringrazio in cuor mio. Faccio una carrellata all'indietro dei ricordi in cui mi sono state riservate 

delle gentilezze. Sorrido lievemente. È bello ricordare queste cortesie.

Talvolta sono inaspettate e forse ancor più gradite. Le scortesie non le voglio nemmeno considerare

e le lascio in un limbo. Quando si cerca di fare al meglio i propri compiti o incombenze, comunque vada,

si deve avere la consapevolezza di non essere stati menefreghisti ed approssimativi. Non importa 

come tu venga giudicato, se hai fatto tutto quello che era nelle tue possibilità. Ho rispolverato

il deumidificatore portatile e lo azioniamo.

Sembra proprio che l'umidità penetri leggermente nelle ossa. Ieri avevo notato che poco più su dei nostri

 rilievi, aveva già fatto una bella spolveratina di neve. Che bello vedere, da un giorno all'altro, 

le montagne vestite con altri abiti.

Nel pomeriggio mi chiama una collega recentemente trasferitasi in altra sede decentrata e contenta

di preannunciarmi di essere stata accettata eventualmente anche in una sede statale.

Dopo varie traversie subìte nel vecchio ufficio, ora, già soddisfatta del suo nuovo ufficio,

ha anche la notizia di poter entrare in una situazione lavorativa ben più retribuita, con un balzo a livello 

economico non indifferente. Da parte mia sono ben felice di questa sua opportunità, dato che le avevo 

consigliato proprio io, venuta a conoscenza della possibilità di richiedere questa mobilità esterna, 

di fare istanza.

Se la meriterebbe questa chance, previa però del nulla osta dell'amministrazione di appartenenza.

Mi fanno piacere questi contatti con i miei iscritti del sindacato. Avviene uno scambio di informazioni 

e di confronti che risultano umanamente graditi. L'empatia. 

L'empatia, dicevo, ti fa anche gioire per qualcuno a cui finalmente la vita concede uno spiraglio di luce. 

E quando ad esempio guardiamo un film e assistiamo a qualcuno che dà un pugno

ad un altro, si attiva, per altro canto, qualcosa che fa sì che ti sembra quasi di avvertirne l'impatto su noi 

stessi.

Strana cosa l'autosuggestione. Ma è inevitabile talvolta. 

Mi viene alla mente un testo che mi ero salvato:


"Solo per oggi, e domani ancora…
Alzati presto.
Fai un sorriso
Lascia andare i sensi di colpa, non guardarti indietro.
Fai un piano, credi in te stesso.
Goditi ciò che sei. Accetta la tua umanità.
Chiedi aiuto, e accetta ciò che gli altri hanno da darti.
Ringrazia.
Cambia, senza indugio e con coraggio.
Accetta ciò che non puoi cambiare. Sii paziente.
Mantieni le promesse, quelle del tuo cuore.
Non indugiare sul passato.
Vivi con amore ogni momento. Costruisci un domani migliore.
Apri il tuo cuore, esplora la tua anima.
Ricorda, i miracoli accadono.
Sorridi".

(Stephen Littleword)

Buon tutto


 

 

 

 

 

E ancora:

"A quelli che si siedono nell'ultima fila per non essere osservati.


A chi quando gli fai un sorriso in ascensore abbassa lo sguardo e arrossisce.


A chi rimane digiuno ai buffet.


A quelli che non dicono niente quando qualcuno taglia la coda e passa avanti.


A quelli che si scusano anche quando non dovrebbero.


A chi è educato anche a costo di sembrare scemo.


A chi ha un’intelligenza arguta e sa riconoscere quando è il momento di non arrivare

primo.


A tutti quelli che nella vita si sono persi un’occasione importante, perché un 

prepotente gliel’ha portata via.


A chi ha la risposta giusta e non alza la mano.


A quelli che ancora credono alla lealtà, a costo di essere sconfitti.


E niente.


Io vi vedo...e siete proprio belli".

(Roberto Pellico)

 

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E domani rientro in ufficio. Fino a fine anno il lavoro è misto, tra sede e casa. 

 

 


 

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