sabato 9 novembre 2019

Immagini d'autunno di Giovanna Grazian

 Immagini d’autunno di Giovanna Grazian


E’ autunno ormai inoltrato. Un autunno anomalo: i segnali che annunciano  l'inverno non si notano al mattino, quando solitamente l’abituale brezza fa sbattere porte e finestre appena si aprono per il breve giro d’aria.
E’ tutto tranquillo: la temperatura è mite, le foglie che cadono però aumentano e il selciato ne contiene un tappeto di tutti i colori, dal giallo oro al marrone testa di moro, molte sono rosse bordeaux, del colore del mosto e delle vinacce.
Un proverbio locale recita così: ’ Spassàr foje, bàtare le noxe e téndare le toxe xe laoro sprecà’, nel senso che è meglio aspettare che le foglie e le noci cadano tutte prima di raccoglierle, perché l’indomani l’operazione andrebbe ripetuta; in quanto alle figlie, anche se le controlli -  se vogliono - trovano il momento  per la scappatella.
Questa mattina l'aria è pulita più del solito; un breve temporale, anch’esso anomalo, ieri ha imperversato nella tarda mattinata nella fascia pedemontana sotto i monti Paù, Cengio e Summano.
Le campane instancabili battono il Mattutino; ho acceso la luce e la sveglia segna le sei e mezzo; ho contato più di trenta rintocchi.
Altri strani rintocchi, non collegabili ai soliti, mi lasciano senza risposte: forse sono per qualche Santo che merita di essere ricordato o per  un avvenimento locale che sfugge alla mia memoria?
La dipartita terrena è annunciata con le campane a morto verso il mezzogiorno.
A Caltrano, fino a poco tempo fa, suonavano pure per ogni neonato che veniva registrato in Comune.
Dopo quattro cambi di domicilio, riscontro in  questa casa due grandi pregi: le imposte rivolte al sorgere del sole assicurano una luce intensa per tutto il giorno; sono circondata da frutteti e orti davanti e dietro, tanto da avere  la sensazione di essere capitata nel posto più rilassante; il verde mi circonda, il vivere convulso del traffico non lo percepisco: se guardo a nord la vegetazione fitta è nitida ed è visibile fin alle propaggini dell'altopiano.
Le campane sono sempre in azione con il battito deciso, ho l'impressione che qualche volta  cambino l'intensità del suono, perché  a seconda delle condizioni atmosferiche si sentono più o meno vicine.
Di sicuro, questo sarà per me l'ultimo domicilio, già sento la stagione che si sta avviando verso l'autunno della vita; fortunatamente il posto è il più consono: quiete e natura ideali per meditare.
 Le campane di Caltrano sono a nord, separate dal fiume Astico, in linea d'aria trecento metri,   quelle di Chiuppano sono più o meno alla stessa distanza, ma ad est.
E’ tutto un lavorio di competizione tra loro e io, nuova del posto, cerco di capire la provenienza dei vari rintocchi e di non confondere i vari suoni.

Ci sono stormi d’uccelli in gran movimento a interessare e a confondere il mio orecchio che mi segnala qualche deficit in arrivo...
Loro, sicuramente in fermento per la partenza, si richiamano, complottano il percorso e il capo pretende assoluta obbedienza e ascolto.
Ci sono tuttavia i ribelli, i ‘nati-liberi’ che sono sotto la mia finestra:  saltellano e danzano in punta di zampa sulle foglie di ciliegio.
Devono avere un orecchio buono, perché ad ogni scricchiolio hanno uno scatto fulmineo e si spostano, sospettando pericoli in arrivo a destra e a manca.
E’ tutto un batter d’ali: le foglie gialle danzano leggere e loro si mettono in mezzo, quasi ad ostacolarne la caduta senza sosta; saltellano anch’essi leggeri cercando di fermare il carillon che sembra composto da ali gialle.
Mi chiedo se magari i passeri credano possa trattarsi di esseri viventi anziché di foglie.
Sto lì al davanzale parecchi minuti: ammutolita, osservo sbalordita, non fiato.
Ogni tanto una foglia si stacca, gira su se stessa, fa una piroetta e una giravolta e infine si arrende adagiandosi a terra.
Il capobanda continua a richiamare gli irriducibili fino a minacciarli, dà loro l’ultimatum e poi si farà il processo per intenzione d’abbandono...
Immagino che fra poco, quando l’ultima foglia smetterà di danzare, il frutteto sembrerà un camposanto d’inverno, abbandonato anche dal passero più stanco.
Noto che ci sono tante palline marrone attaccate al nespolo, un frutto dimenticato che nessuno più raccoglie e restano anche due cachi in cima alle punte della pianta ormai scheletrita.
Attaccata ai vetri noterò, se qualche merlo  in preda alla fame si adatterà a beccarli, magari quando saranno spruzzati di polvere bianca, asciutta,  farinosa e gelata.
Con la prima neve poserò sul davanzale  un vecchio "panaro" di legno cosparso di briciole di pane e così mi assicurerò lo spettacolo di pettirossi e passeri tutte le mattine per la colazione e anche a pranzo e a cena, perché, senza vibrazioni e segnali di vita, la finestra perde lo smalto e la lucentezza.
Ci saranno lunghi mesi prima di rivedere il cielo a primavera ritornare variopinto d’alianti sopra di me e infinite specie d’uccelli ritorneranno ad animare e rallegrare con i loro canti il frutteto che ora riposa, le due altissime magnolie e la palma con le grandi foglie frastagliate che non riesce a crescere in altezza, mentre i due abeti fanno il girotondo e aspettano l’ora d’aria dei bambini del vicino asilo, per unirsi alle loro grida gioiose.
Immagini di una stagione mite, interrotte ieri dalla prima spruzzata di neve che ha smorzato i colori vivaci  annunciando l’ultima stagione e ha spazzato via in un soffio la veste caratteristica dell'autunno.













1 commento:

  1. A mio parere, un racconto meraviglioso! Descrizioni così dettagliate da renderlo un quadro colorato! Brava Giovanna/Anna!

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