Con Tina e Patrizia (assente l'altra cara sorella maggiore Rita per problemi di salute), davanti al mio quadro ad olio ispirato alla Località "Porta Rustica" tra Lugo e Fara (Vicenza), nei pressi del Parco delle prime ville palladiane.
Il quadro, ora restaurato nella cornice, mi era stato commissionato nel 1979 da mia madre Maria e riporta ancora la data di consegna: 13 maggio 1979.
Inserisco anche una foto d'epoca della Scuola elementare e Municipio di Lugo di Vicenza, come ricorda l'amica Laura nel suo commento, postata dall'esimio Giuliano Simonato nella narrazione di un giovane maestro che prestò servizio proprio nel paese, nel 1937, Giulio Bedeschi, il quale, successivamente, sarebbe diventato un famosissimo scrittore.
La scrittrice amica Giovanna Grazian mi ha scritto, invece, riguardo all'ambientazione del mio quadro:
La casa del fattore in curva è degli anni '30, conoscevo la figlia del fattore dei conti Valmarana, ora in casa di riposo.
Una decina, forse 15 anni fa, mi ha raccontato la sua storia, tutta vera....
E Giovanna ne ha tratto un racconto bellissimo:
"Pupillo" di Giovanna Grazian
La bambina era nata quando più nessuno se l'aspettava!
Dopo quattro maschi e con sei anni di distanza dall'ultimo nato, le avevano dato il nome della signora padrona.
Così suo fratello maggiore portava il nome del marito: il signor Conte!
Era la riconoscenza verso i signori di cui il padre era dipendente: più precisamente nel ruolo di 'castaldo', si usava questo vocabolo allora, ora si dice 'fattore'.
In compenso i conti l'avrebbero sempre chiamata'Pupillo' ed erano stati i suoi padrini di battesimo. Altre fortune la bambina non ne aveva avute, se non quella di essere sopravvissuta a tanti fatti accidentali successi nei primi anni della sua esistenza. Tutto procedeva per il meglio nella casa sulla strada che fiancheggiava l'immensa proprietà dei signori. Il suo papà era benvoluto dai conti, un po' meno dai suoi subalterni, cioè i lavoranti a giornata. Si occupava di tutto ciò che riguardava l'andamento delle coltivazioni e i rapporti con i braccianti; in primavera accompagnava direttamente il conte per i campi con il calesse. Dava consigli con la sua esperienza sui tempi delle semine, dei raccolti e sull'allevamento del bestiame. Accettava consigli e suggerimenti per gestire al meglio i terreni segnalando al signor Conte qualsiasi anomalia.
Dapprima si lavorava con un contratto di affitto, un tanto al campo, più tardi a mezzadria e tutto ciò che si raccoglieva veniva diviso a metà: trenta campi in pianura e in collina, con tutte le difficoltà delle fatiche manuali. Solo i buoi alleviavano un poco gli uomini dai pesanti lavori estivi come girare le zolle, tagliare il fieno, raccoglierlo in breve se il temporale avanzava impetuoso e minacciava di mandare all'aria tutta la fatica.
E poi ancora il taglio del frumento, del granoturco, la vendemmia e le bestie...i momenti drammatici del parto, con il veterinario avvisato troppo tardi o introvabile di notte, la drammatica paura quando le mucche si ammalavano.
Lui, il castaldo doveva riferire al signor Conte l'andamento
dell'azienda agricola, anche le perdite degli animali, la scarsità dei raccolti a causa delle cattive condizioni atmosferiche ed eventuali manchevolezze o errori dei singoli contadini.
Alcuni braccianti non approvavano l'agire di papà. Pupillo questo lo seppe più tardi, quando di lui era rimasta solo una foto sul comò nella camera di mamma. Le dissero che alcuni lavoranti avevano 'festeggiato' quando lui tragicamente era mancato. Quel lunedì di gennaio con la moto era a Thiene al mercato del bestiame per trattare la vendita di una mucca.
In paese solo lui e il dottore possedevano la moto.
A Zugliano in una curva successe il peggio: l'impatto con un camion. Si salvò la bambola, la prima e ultima bambola con il visetto di porcellana e il corpo di pezza destinata alla bambina
Pupillo di appena tre anni.
La fortuna della famiglia subì a quel punto un arresto.
La mamma con poca esperienza non poteva governare il tutto con il figlio maggiore di vent'anni.
Più tardi a Pupillo le fu raccontato che una mattina di ottobre, quando i lavori erano febbrili l'avevano trovata addormentata in un avallo di terreno vicino a un letamaio: la mamma era così stanca da non essersi neppure accorta della sua assenza nel letto. Altre volte non la trovava perché nascosta in mezzo alle foglie del 'moraro'- il gelso - destinate ai bachi da seta.
Oltre al compito assunto nelle vesti del papà, la mamma badava ai bachi da seta.
Tutte le famiglie allora avevano questa occupazione in primavera. Serviva quale prima entrata di denari preziosi, dopo la lunga stagione invernale priva di risorse. il lavoro era così intenso da perdere la cognizione dei bisogni primari.
La mamma ce la mise tutta per drizzare la barca che stava affondando, ma alla fine si convinse che faceva acqua da tutte le parti. I conti nella bella stagione arrivavano in villa, per soggiornarvi tutto il periodo estivo, prolungato fino all'ultima raccolta dell'uva. La mamma faceva passare la piccola attraverso le lance di ferro del grande cancello inferiore alla villa, che confinava con la casa prestata loro, fatta costruire dai conti appositamente per il fattore. Lei entrava con il cestino contenente le uova fresche da portare in villa dove dall'altra parte spaziavano lo sguardo parenti, amici e artisti estasiati da tanta bellezza: tutti increduli e appagati dal panorama.
Nelle giornate limpide si scorgeva la basilica di Monte Berico e più giù la laguna di Venezia. Pupillo ricorda perfettamente quei momenti: la cameriera aveva l'ordine ferreo di controllare le uova attraverso un cerchio di rame e se passavano facilmente venivano riposte nel cestino e rimandate alla mamma, perché non adatte ad essere presentate alla tavola dei signori.
La bambina capì solo più tardi la mortificazione della mamma, così le caramelle datele dalla contessa però perdevano il loro sapore dolce.
A volte si fermava a giocare con i nipotini ospiti o a guardare chi giocava nel campo da tennis a fianco delle scuderie. I suoi fratelli erano intenti alla sistemazione dei viali, colpevolizzati per non essere stati solerti nei tempi stabiliti. Ogni mezzadro doveva provvedere a inghiaiare un pezzo di viale.
Con i buoi scendevano al torrente Astico per recuperare la ghiaia con cui sistemare a dovere la loro porzione di vialetto, così da permettere alle eleganti carrozze di transitare in un fondo ben curato.
Per Pupillo avevano tutti un atteggiamento di riguardo. lei lo percepiva da tanti gesti e attenzioni, forse per il fatto che portava il nome della contessa che non aveva figlie femmine o perché era orfana di padre. I suoi fratelli assieme alla mamma decisero che doveva studiare.
<< Possibile si interrogavano, che quattro fratelli non riescano a far studiare la sorella più piccola? >>
Con enormi sacrifici Pupillo ce la fece. Sempre con la sua bicicletta percorreva i diciotto kilometri (andata e ritorno) per arrivare alla scuola privata, che l'avrebbe resa consapevole
del trattamento diverso riservatole: chi apparteneva alla classe povera già sarebbe stato penalizzato.
Con rinunce inaudite si diplomò e all'esame di Stato - svoltosi a Vicenza - , da Thiene si recò con altre compagne in 'littorina'.
Alla stazione una sua compagna tolse dalla borsa due banane, offrendogliene una.
Pupillo guardò l'amica mentre toglieva la buccia e poi assaggiò il frutto mai visto prima.
Si recò quindi, tutta euforica alla villa, residenza stabile dei conti in città, per manifestare loro la sua gioia di aver completato gli studi.
Con disappunto trovò solo le contessine, sorelle del 'Santolo' di battesimo.
<<Ho finito - disse Pupillo - adesso spero mi aiuterete a trovare un piccolissimo posto>>.
<<Hai fatto male a studiare - le risposero - dovevi lavorare la terra e lasciar studiare le cittadine che hanno solo le mura >>.
Queste affermazioni lasciarono Pupillo senza parole, si sentiva in preda allo sbigottimento più inaspettato, dopo tutte le fatiche sentirsi umiliata oltre ogni dire...
Suo padre prima di morire aveva acquistato due campi, che i fratelli vendettero per pagarsi il viaggio ed emigrare nel continente, cosiddetto nuovissimo: l'Australia.
Il Santolo conte, in seguito, dopo ripetute visite disperate di Pupillo, dette alla fine effettivamente la spintarella per il fatidico posto di impiegata che ella conservò fino alla pensione. Lavorò come una forsennata, assolvendo il compito con rigore estremo, conscia che la vita è una cosa bella, ma carica di difficoltà.
I suoi fratelli non videro mai più la mamma, lavorarono forse ancora di più che al paese in terra vicentina, per farsi un avvenire appena discreto. Pupillo lo accertò quando, appena maturata la pensione, trasvolò da loro in visita. Con tanta nostalgia del paese lasciato, con grande amarezza per la terra dei conti lavorata dall'alba al tramonto. Lunghi anni di sudori suoi e del padre per pagare loro il viaggio ed emigrare lontano. Se fossero rimasti da lì a pochi anni avrebbero visto che le cose erano cambiate anche in Italia.
E' andata così. La più fortunata alla fine è stata lei: Pupillo.
Con l'aiuto del Santolo di battesimo! Lei nonostante tutto gli fu sempre riconoscente e grata.
Il giorno del suo funerale stette veramente male... come se le fosse mancato il padre, conosciuto solamente attraverso i racconti di mamma!