domenica 14 gennaio 2018

Giovanna Grazian ed un suo bel racconto sulla figura del "Barcarolo"


Il Barcarolo

L'aurora non è ancora delineata: manca una manciata di minuti alle ore sette ed essendo gli ultimi giorni dell'anno è buio pesto, nessuna avvisaglia di luce imminente. Poche le auto al posteggio della piscina comunale di Thiene dove il bar all'entrata non è ancora in funzione e la segretaria  non è al suo posto, arriverà a minuti ma le porte sono però aperte e mentre mi avvio alla piscina piccola vengo stordita dallo sciabordìo provocato dalle vigorose bracciate di alcuni frequentatori abituali della vasca grande alla mia destra. E' talmente forte il rumore che mi ricorda il mare grosso, quando le onde sbattono sugli scogli e  pare di sentirlo dentro le orecchie.
E' a quest'ora che si può accedere al primo corso di nuoto libero. Questi mattinieri, amanti dell'acqua e in prevalenza giovani, donne  piene di energia  avanzano a stile libero, avanti e indietro con poderose bracciate: una sorprendente energia che aumenta di vasca  in vasca, sono dei professionisti e mentre li guardo, stupefatta e incredula,  i pensieri tornano ai racconti  di mia madre... classe 1916.
Lei abitava al di là del fiume Astico e mi raccontava della sua amica     d'infanzia: Bruna Barcarola. Un giorno le chiesi:  
Perché Barcarola? Era il suo cognome?
No - mi rispose la mamma - era il soprannome.
Devi sapere che suo padre abitava nelle casette  fatte costruire da Nodari - direttore della cartiera Burgo - in località Serra (Lugo di Vicenza), rasente il greto del fiume. Erano una ventina e stanno ancora lì, malandate e attaccate una all'altra: al pianterreno la cucina e una stanzetta da disbrigo, sopra due camere da letto.
La primavera molto piovosa di quell'anno di tanti anni fa - primo novecento - fece sgretolare il ponte e quelli che abitavano nel mio versante subirono l'isolamento totale.
Il nonno di Bruna era un uomo che sapeva fare un po' di tutto, sempre disponibile a prestare le sue braccia ai vicini in difficoltà. Vista la situazione del momento  si adoperò a cercare grosse tavole di legno. Prese gli arnesi dalla baracca e lavorando di lena costruì una barchetta rudimentale e due remi. Riuscì con il suo ingegno a collaudarla e poi questo divenne per lui un lavoro: avanti e indietro da una sponda all'altra, in attesa che si costituisse una squadra per rendere sicuro il transito con una  passerella.   

Era sempre disponibile per ogni eventualità: trasportò la levatrice al versante Oltrastico, salvando una neonata che si affacciava alla vita con un parto podalico; dopo la mungitura serale, fece ancora  la spola con la bottiglia di latte offerta da un contadino a puerpera e neonata; trasportò il Vicario per l'Estrema Unzione ad un vecchio che chiedeva con insistenza il Sacramento. Ci fu bisogno anche del veterinario per una giovenca primipara; senza la barchetta del bisnonno della mia amica le vicende si sarebbero complicate ulteriormente.   Il tranquillo fiume Astico e la roggia adiacente   che scendeva da Calvene, quel lontano  giorno di primavera aveva sorpreso tutti i residenti di via Serra: l'acqua in cucina era arrivata all'altezza della stufa, dalle finestre delle camere la visione appariva spettrale: galline ruspanti  uscivano spaventate dai pollai sradicati e trascinati giù da Arsiero che galleggiavano in mezzo ad un'acqua color caffelatte;  grossi platani con intatte radici ondeggiavano  e un maiale inerte grugniva e annegava...Per tutti questi motivi l'impresa del nonno di Bruna rimase nella storia e lui venne "battezzato" Barcarolo, così come i suoi figli e pure i nipoti. In paese c'erano pochi  cognomi e di conseguenza molti soprannomi che servivano a distinguere i vari ceppi.
Sono assorta in questi pensieri e mi chiedo cosa penserebbe il Barcarolo se vedesse questi solerti e disciplinati nuotatori che credono nella forza rigeneratrice dell'acqua...Mi soffermo sul poster gigante alla parete di fondo: un primo piano di Federica Pellegrini che emerge inspirando con le mani colme di sfavillanti diamanti: sono grosse gocce d'acqua e non so per quale effetto surreale appaiano tali...L'immagine mi rimanda ai ricordi di una spettacolare escursione alla cascata nella Val di Rabbi, in mezzo alla foresta vergine vista molti anni orsono, dove il vortice d' acqua scrosciando fortemente spezzava il silenzio della natura tanto incontaminata da sembrare irreale.
(GIOVANNA-Anna GRAZIAN)



6 commenti:

  1. Anche un mio zio, chiamato Momi "Barcarolo", dicevano avesse poi fatto quell'utile mestiere...

    RispondiElimina
  2. Come ho scritto su facebook, a seguito di un commento della cara Ornella di Lugo, sia Giovanna che Laura sono molto sensibili, conservano ricordi incancellabili ed amano condividere questa preziosità. Grazie.

    RispondiElimina
  3. Bello il tuo racconto , Annamaria . Vedi , io non sapevo nulla di ciò . Ricordo che qualcuno
    era soprannominato Barcarolo , ma non il motivo. Tu me l'hai chiarito . Vedi , i ricordi
    servono anche a questo , far conoscere alle generazioni episodi che altrimenti andrebbero
    a finire nel nulla . Brava . Mi ricordo tuo zio Momi , Arianna , ma non questo soprannome.
    Un abbraccio a tutte e due . Smack .

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Credo che tu ricordi lo zio Momi Bastian, marito della sorella di mio papà, Irma, ma, quello di cui ho riferito, trattasi del marito di mia zia Lucia, altra sorella di mio padre, genitori dei miei cugini Gastone e Terenzio.
      Tu ed Annamaria, mi scrivono, che sapete descrivere così bene, che sembra di vedere tutto ciò che descrivete! Ed è un dono, questo, che possedete!

      Elimina